Category Archives: Libridini

Ah: questo è il 1.500° post di questo blog
#10storiedilibreria‬ ‪#‎10fredduredalibraio

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"Tabula rosa" tra la Dandini e Vespa (preferiamo lui a lei) e appena sopra i libri sui "papi"

“Tabula rosa” tra la Dandini e Vespa (preferiamo lui a lei) e, appena sotto, i libri dei “papi”

Avete “La coscienza di Zero”?
Chieda al reparto musica.

Sto cercando “I giganti della montagna”
di Pirandello.
Provi al piano di sotto, settore escursionismo, dopo la funivia.

Vorrei un’edizione economica de “Il ritratto
di Dorian Gay”.
Beh, senza outing costa appena 8 euro.

Avete “Pecorina americana” di Davide Lee Roth?
Sì, è lì sotto, vicino a Philip Van Halen.
Ma fossi in lei non mi chinerei…

“Il Signore degli Agnelli” è in offerta?
No, ma se lo compra avrà in omaggio il Dvd
di “Gran Torino”.

Cerco qualcosa sui Monty Python.
Deve guardare tra le guide turistiche, sezione alpinismo.

Sto cercando “Sequestro un uovo” di Primo Levi.
Ah, ok: lo trova sullo scaffale dedicato alla Pasqua ebraica.

Avete “Il senso di Smaila per la neve”?
No, è fuori stagione. Lo vendono solo alle terme di Jerry Colà, a Lazise.

Devo regalare un libro a fumetti di Ken Porker.
Lo trova tra i western delle edizioni Monelli, settore erotismo.

Ce l’avete Il Manifesto del Partito Comunista?
Certo… eccolo.
Ma questo è un libro… io volevo il poster!

divano

La carne è debole (o del cannibullismo).
Storie di antropofagie medievali (roba indigesta, da cui fenomeni di aerofagia)

La carne è debole (o del cannibullismo).
Storie di antropofagie medievali (roba indigesta, da cui fenomeni di aerofagia)


fiero pasto“Era davvero professato il cannibalismo nel Medioevo o si tratta solo di narrazioni fantastiche?”, si domanda nell’Introduzione al volume la storica Angelica Aurora Montanari. “Ebbene sì”, è la risposta: “Anche i nostri antenati furono spinti, in alcune circostanze, a mangiare carne umana, sebbene l’antropofagia non fosse praticata in maniera diffusa e sistematica”.

Mancava, nel panorama scientifico nostrano, un saggio così completo capace di indagare quel che è da sempre considerato un tabù inenarrabile, il cannibalismo diffuso a queste latitudini.

E’ un viaggio lungo la storia, dai primi secoli del cristianesimo fino all’età moderna. L’occhio indagatore dell’autrice si ferma sull’occidente, Italia centro-settentrionale e area franco-normanna in particolare… Read the rest of this entry

Da vizietto a ossessione: il caso Mondazzoli ridà fiato ai teorici della supposta (infilata da chi? e dove?) incompatibilità-superiorità antropologica tra moralisti sinistri in servizio permanente effettivo e impresa liberale (de-ideologizzata) con tanto di eredità affettiva paterna. Parla Marina B.

Da vizietto a ossessione: il caso Mondazzoli ridà fiato ai teorici della supposta (infilata da chi? e dove?) incompatibilità-superiorità antropologica tra moralisti sinistri in servizio permanente effettivo e impresa liberale (de-ideologizzata) con tanto di eredità affettiva paterna. Parla Marina B.


"Un malato d'eccezione: la sinistra italiana. Una malattia subdola: l'antipatia. Una cura possibile: prenderne coscienza e correre ai ripari. In questo libro si evidenzia come la sinistra sia antipatica non solo alla destra, ma anche ai non schierati, al vasto arcipelago degli elettori che non si sentono né di destra né di sinistra. Quattro sono le sue malattie: il linguaggio codificato (io sì che la so lunga), il politicamente corretto (tu non devi parlare come vuoi), gli schemi secondari (tu non puoi capire) e la supponenza morale (noi parliamo alla parte migliore del paese). Luca Ricolfi insegna Metodologia della ricerca psicosociale all'Università di Torino, dirige l'Osservatorio del Nord Ovest e una rivista di analisi elettorale"

“Un malato d’eccezione: la sinistra italiana. Una malattia subdola: l’antipatia. Una cura possibile: prenderne coscienza e correre ai ripari. In questo libro si evidenzia come la sinistra sia antipatica non solo alla destra, ma anche ai non schierati, al vasto arcipelago degli elettori che non si sentono né di destra né di sinistra. Quattro sono le sue malattie: il linguaggio codificato (io sì che la so lunga), il politicamente corretto (tu non devi parlare come vuoi), gli schemi secondari (tu non puoi capire) e la supponenza morale (noi parliamo alla parte migliore del paese). Luca Ricolfi insegna Metodologia della ricerca psicosociale all’Università di Torino, dirige l’Osservatorio del Nord Ovest e una rivista di analisi elettorale”

Dopo vent’anni di risse siamo ancora all’«incompatibilità antropologica»? Sì. Sarà per la crisi di astinenza degli antiberlusconiani (Renzi non dà le stesse soddisfazioni) o per i colpi di coda del Biscione. Ieri, con una lettera al Foglio, Marina Berlusconi ha ribaltato la tesi di chi, come Umberto Eco e Michele Serra, la dileggia come «incapace» di «capire» le ragioni per cui Elisabetta Sgarbi, con altri editor e scrittori, lascia la Bompiani mondadorizzata per fondare un nuovo marchio, La nave di Teseo.

«Capire la differenza tra un libro e un detersivo non è cosa poi così complicata, perfino io ci sono arrivata», scrive la presidente di Mondadori; Michele Serra su Repubblica ha scritto di lei come di una «manager capitombolata in mezzo ai libri, una materia che deve suonarle estranea come il sanscrito»: non capisce che «commerciare telenovelas e poi cultura» non è la stessa cosa» e a Serra fa «quasi tenerezza».

Marina però alla fine trasforma l’insulto in vanto. E rilancia: «Essere considerata incompatibile con chi mostra una tale arroganza e un tale disprezzo verso le opinioni e le posizioni altrui non mi dispiace affatto». Un colpo per i nostalgici del ventennio (anti)berlusconiano, orfani dello scontro antropologico tra chi avrebbe un complesso di inferiorità (la destra, ciò che ne resta) e chi un complesso di superiorità (la sinistra, o presunta tale).

Qui l’antropologia non è già lo studio umilissimo intorno all’essere umano, bensì una forma triste di un’ideologia senza idee, intrisa di odio, ancora presente. Una «mis-antropologia» che ha creato carriere di moralisti e libertini, e tanta confusione. Eco nel 2001 fece un appello morale agli elettori di centrosinistra per battere i «drogati delle telenovelas», che poi fecero vincere Berlusconi. Il quale, alla vigilia della sconfitta del 2006, pensava che solo pochi «coglioni» avrebbero votato Prodi. Quando la finiremo di confondere politica e antropologia? (Luca Mastrantonio, “Corriere sella Sera”)

-> Ma quanta acqua imbarca La Nave di TeseoRead the rest of this entry

Sì! Nel suo nuovo romanzo lo scrittore di bestseller Carrisi (anche lui, dopo big Eco in “Numero zero”) punta il dito – indice? medio? pollice verso? comunque è nella piaga – contro eccessi, storture e miserie del tristemente noto circo (equestre, mai equanime) mediatico-giudiziario. Due doverose letture pulp, per fermarsi a riflettere (senza cioè genuflettersi al brodo colato della stampa, a sua volta troppo spesso inginocchiata all’accusa e all’audience) e dire no!

Sì! Nel suo nuovo romanzo lo scrittore di bestseller Carrisi (anche lui, dopo big Eco in “Numero zero”) punta il dito – indice? medio? pollice verso? comunque è nella piaga – contro eccessi, storture e miserie del tristemente noto circo (equestre, mai equanime) mediatico-giudiziario. Due doverose letture pulp, per fermarsi a riflettere (senza cioè genuflettersi al brodo colato della stampa, a sua volta troppo spesso inginocchiata all’accusa e all’audience) e dire no!


«La giustizia non fa ascolti. La giustizia non interessa a nessuno. La gente vuole un mostro… E io le do quello che vuole». La ragazza nella nebbia ha il merito di raccontare il nostro tritacarne mediatico quasi quotidiano (specie tele-lesivo, ndr) attraverso una storia paradossale, come spesso devono essere le storie esemplari, che si legge di un fiato e lascia dietro di sé un retrogusto amaro (…) Carrisi descrive bene un sistema che ormai si morde la coda (…)”

"Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l’indagine grazie all’attenzione e alle pressioni del «pubblico a casa». Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua «firma». Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, sicuro dei propri metodi, per far sì che un crimine riceva ciò che realmente gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un’audience"

USCITO LUNEDI’ 23 NOVEMBRE. “Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l’indagine grazie all’attenzione e alle pressioni del «pubblico a casa». Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua «firma». Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, sicuro dei propri metodi, per far sì che un crimine riceva ciò che realmente gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un’audience”

“A cercarla arriva uno di quelli che vengono sempre chiamati superpoliziotti, carico di medaglie e reduce da un brutto scivolone professionale: le prove falsificate sul conto di un presunto colpevole accusato di lasciare tubi esplosivi nei supermercati. E poi ci siamo noi, i veri protagonisti. Nel senso dei media (…)

Carrisi ha deciso di sporcarsi le mani infilandole nel cesto della cronaca nera italiana, e la precisazione geografica purtroppo si rende necessaria, perché il nostro modo di raccontare i fatti violenti e morbosi ormai è diventato davvero unico, e sappiamo tutti che non è ragione di vanto, anzi (…)

"Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all'informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore... Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo (...)". Un giornale che parla del domani, del giorno dopo la pubblicazione, che quindi ipotizza, suggerisce, allude a fatti che non sono ancora successi ma che potrebbero succedere e coinvolgere personaggi illustri. Uno strumento molto potente, insomma, in grado di condizionare e indirizzare il comportamento di molte persone. Su questo nuovo mestiere di giornalista, che deve saper prevedere e suscitare reazioni, creare notizie dal nulla e affossare verità conclamate, il direttore basa le sue quotidiane lezioni durante le riunioni di redazione, offrendo a tutti i suoi giovani collaboratori le “armi” del mestiere.

USCITO I PRIMI DI GENNAIO DI QUEST’ANNO. “Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all’informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore… Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo (…)”. Un giornale che parla del domani, del giorno dopo la pubblicazione, che quindi ipotizza, suggerisce, allude a fatti che non sono ancora successi ma che potrebbero succedere e coinvolgere personaggi illustri. Uno strumento molto potente, insomma, in grado di condizionare e indirizzare il comportamento di molte persone. Su questo nuovo mestiere di giornalista, che deve saper prevedere e suscitare reazioni, creare notizie dal nulla e affossare verità conclamate, il direttore basa le sue quotidiane lezioni durante le riunioni di redazione, offrendo a tutti i suoi giovani collaboratori le “armi” del mestiere.

Quel che davvero interessa a Carrisi è il racconto della nostra anomalia… Il superpoliziotto è un tipo esperto, ha annusato gli ingredienti giusti per uscire dall’anonimato e dall’indifferenza ai quali vengono consegnate tante vicende simili. Lui sa come fare. Perché ormai conosce bene gli ingranaggi del meccanismo che porta un crimine a diventare mediatico, aggettivo che è come una manna per tutti, i media ma anche quello speciale indotto di poliziotti, esperti o presunti tali (…)

Lui orchestrerà questo coro con cinismo, dividendo il pane delle notizie, vere o false che siano non importa, ci si accontenta del verosimile, le esigenze sono altre (…)

ALTRO ROMANZO APPENA USCITO. "Quindici gustosi quadretti in cui si racconta il mestiere del giornalismo prima dell’avvento del computer. Storie al Chianti servite al sangue, carne di taccuino. Storie di sottane, soffiate, notti in bianco e strade consumate. Di macchine da scrivere, fiuto da detective, rotative voraci e dettagli in cronaca.  Quando in redazione si respirava fumo di sigarette e arrosto di scoop (tra gli scherzi dei colleghi e un soprannome che è per sempre) e le dita dei redattori si sporcavano d’inchiostro. L’epoca mitica - epopea gloriosa - in cui il cronista era dentro la notizia, e a volte la creava. Racconti in agrodolce: squarci di cinica purezza, nel circo dell’umano. Brevi di cronaca nera".

ALTRO LIBRO DI RACCONTI APPENA USCITO (Stampeditore). “Quindici gustosi quadretti in cui si racconta il mestiere del giornalismo prima dell’avvento del computer. Storie al Chianti servite al sangue, carne di taccuino. Storie di sottane, soffiate, notti in bianco e strade consumate. Di macchine da scrivere, fiuto da detective, rotative voraci e dettagli in cronaca.
Quando in redazione si respirava fumo di sigarette e arrosto di scoop (tra gli scherzi dei colleghi e un soprannome che è per sempre) e le dita dei redattori si sporcavano d’inchiostro. L’epoca mitica – epopea gloriosa – in cui il cronista era dentro la notizia, e a volte la creava.
Racconti in agrodolce, squarci di cinica purezza nel circo dell’umano”.

Certo, il superpoliziotto che neppure cerca la ragazza perduta nella nebbia ma si dedica con mezzi ignobili alla costruzione di una storia a misura dei media, è una figura abnorme. Ma quale cronista non si è mai imbattuto in un funzionario o in un maresciallo che davano la notizia con il titolo già confezionato, fatto apposta per ingolosire? Diciamoci la verità, i tempi della grande cronaca nera raccontata da Dino Buzzati e da altri giganti come lui, quando i delitti erano lo specchio nel quale una società guardava se stessa, un modo per raccontarla, sono finiti.

E forse non solo per l’estinzione dei maestri. In Italia ormai i media sono parte essenziale della cronaca nera, del delitto che raccontano. Sono un attore protagonista che spesso influenza gli altri soggetti, crea e disfa seguendo l’unica stella cometa dell’emozione, del dettaglio che possa dividere, innocentisti da una parte, colpevolisti dall’altra, le opposte fazioni come garanzia di audience e sopravvivenza pubblica (…)

L’unica persona che si salva in questo sfacelo morale è l’anziana ex direttrice del giornale locale, omaggio alla cara vecchia carta stampata, al mestiere fatto in un certo modo, rispettando le persone e i fatti. È quasi una scelta di campo, comunque un giudizio sulle diverse responsabilità di ognuno. In un angolo, messa da parte, c’è sempre la vittima, entità astratta, semplice casella di partenza della giostra, subito dimenticata e spesso oltraggiata (…)”.

(Marco Imarisio, “La Lettura”, area cultura
del Corriere della Sera, 22 novembre)

Una giovane tosta contro tante facce toste

Una giovane tosta contro tante facce toste


boschiboschi“Il libro “Una tosta” racconta la storia personale e politica di Maria Elena Boschi, la Ministra che ha portato a casa i risultati più importanti del governo di Matteo Renzi: la nuova legge elettorale (Italicum) e la riforma della Costituzione.
Ancora pochi anni fa la “Mari” era una giovane avvocatessa della provincia di Arezzo. Oggi, a soli 34 anni, è diventata la protagonista assoluta della politica italiana. Ha tenuto saldo il timone in un delicato passaggio istituzionale, scansa insulti e malignità, esibisce abiti in tinte sgargianti, è diventata un modello di donna in politica che si è guadagnata il rispetto di avversari e compagni di partito.
Dove arriverà la giovane e orgogliosa Ministra, inedito esempio di bellezza bipartisan?”

“L’attenzione per la nuova stella della politica italiana è massima: i paparazzi stazionano quasi ventiquattr’ore al giorno davanti alla sua abitazione in cerca di uno scoop. La ministra non esibisce un look dimesso: indossa tacchi a spillo e abiti dai colori sgargianti, non mortifica la propria bellezza e mostra che un ruolo politico di vertice può essere ricoperto anche senza nascondere la propria femminilità.
È il dato nuovo del protagonismo di Boschi sulla scena politica”

maria-elena-boschi

Diritti civili e numeri da circo (mediatico-giudiziario, of course) tra garanzie costituzionali disattese e distorsioni sistemiche lampanti. Due saggi usciti quest’anno, un autorevole libro-j’accuse commentato dall’Elefantino e il divertente pezzullo d’una grande penna prestata fortunatamente al garantismo glabro (cioè storico, convinto e giusto, non peloso)

Diritti civili e numeri da circo (mediatico-giudiziario, of course) tra garanzie costituzionali disattese e distorsioni sistemiche lampanti. Due saggi usciti quest’anno, un autorevole libro-j’accuse commentato dall’Elefantino e il divertente pezzullo d’una grande penna prestata fortunatamente al garantismo glabro (cioè storico, convinto e giusto, non peloso)


-> E C’E’ UN LIBRO-MANIFESTO CONTRO MALAGIUSTIZIA E GOGNA MEDIATICA (Leggi)

A conclusione di una ventennale esperienza politica, che mantiene una decisiva incidenza sull'attualità, il volume promuove un dibattito sulle mutazioni che la giustizia penale ha subito nel rapporto con la politica a partire da Tangentopoli. Una riflessione su poteri e garanzie, sul processo e i suoi rituali, sull'utilizzo dell'azione penale, sull'interpretazione "a geometria variabile" delle fattispecie, sulle nuove funzioni assegnate al diritto dal legislatore e dai giudici. Sul tema sono qui raccolte le opinioni di osservatori e protagonisti della politica e del diritto della Seconda Repubblica.

A conclusione di una ventennale esperienza politica, che mantiene una decisiva incidenza sull’attualità, il volume promuove un dibattito sulle mutazioni che la giustizia penale ha subito nel rapporto con la politica a partire da Tangentopoli. Una riflessione su poteri e garanzie, sul processo e i suoi rituali, sull’utilizzo dell’azione penale, sull’interpretazione “a geometria variabile” delle fattispecie, sulle nuove funzioni assegnate al diritto dal legislatore e dai giudici

Negli ultimi anni si usa sempre di più negli studi criminologici e giuridici internazionali l’espressione populismo penale, indicando con questa formula una serie di distorsioni del funzionamento delle istituzioni giuridiche a causa di dinamiche politiche basate sulla logica del consenso. Dal punto di vista scientifico-analitico il populismo penale implica quindi una duplice prospettiva di approfondimento. Da un lato ripropone la classica questione della limitazione del potere politico a tutela dei diritti della persona, caratterizzata dalla prevenzione dei soprusi a discapito del cittadino nel suo rapporto con lo Stato. Dall’altra parte solleva il tema di come le logiche di consenso politico alterino il normale funzionamento del sistema giustizia, secondo un vero e proprio meccanismo di distorsione non-democratica, dovuto al perseguimento di finalità di consenso da parte di un singolo o di un gruppo dominante. Come per esempio l’uso ideologico e manipolativo dei dati sulla criminalità nelle campagne elettorali. Per queste ragioni il populismo penale non potrà essere mai un tema esclusivamente politico e tantomeno un problema meramente giuridico. In questo libro gli autori propongono una prima rifl essione calandola nel contesto italiano, fornendo altresì al lettore un interessante percorso introduttivo alle principali questioni sul populismo penale

Negli ultimi anni si usa sempre di più negli studi criminologici e giuridici internazionali l’espressione populismo penale, indicando con questa formula una serie di distorsioni del funzionamento delle istituzioni giuridiche a causa di dinamiche politiche basate sulla logica del consenso. Dal punto di vista scientifico-analitico il populismo penale implica quindi una duplice prospettiva di approfondimento. Da un lato ripropone la classica questione della limitazione del potere politico a tutela dei diritti della persona, caratterizzata dalla prevenzione dei soprusi a discapito del cittadino nel suo rapporto con lo Stato. Dall’altra parte solleva il tema di come le logiche di consenso politico alterino il normale funzionamento del sistema giustizia, secondo un vero e proprio meccanismo di distorsione non-democratica, dovuto al perseguimento di finalità di consenso da parte di un singolo o di un gruppo dominante

Perfino in questi grigi tempi democratici capita, a noi megalomani, di sentirci per un giorno come all’epoca dei Medici o dei Gonzaga, quando il signore poteva radunare a corte i migliori musicisti d’Europa, commissionar loro mottetti e madrigali e farli eseguire per il proprio diletto. L’anno scorso, in un impeto di mecenatismo rinascimentale, ho detto al giovane giurista Andrea Apollonio: ci vorrebbe un bel libro a più voci sulla giustizia italiana nell’ultimo ventennio, che faccia capire cosa è accaduto al processo; ma io, che in materia sto a metà tra il loggionista e lo strimpellatore, non saprei neppure da dove cominciare, perché non lo fai tu? Lo sventurato mi ha preso in parola, e il madrigale polifonico è pronto: si chiama “Processo e legge penale nella Seconda repubblica”, e lo ha pubblicato Carocci il 30 aprile.

Sapeste che Camerata de’ Bardi mi ha portato a corte! Esordisce il maestro Giovanni Fiandaca, che gorgheggia sui populismi giudiziari di destra e di sinistra, sugli intellettuali ridotti a tifosi, sulla strana piega che sta prendendo l’ideologia professionale dei magistrati. E non è che l’introduzione. C’è Luigi Ferrajoli, che dissipa gli equivoci concettuali cresciuti come funghi tossici sul tronco sano del garantismo ed elenca le tre calamità che hanno rischiato di abbatterlo, ossia l’inflazione legislativa, il classismo della giustizia italiana e l’uso populistico dei processi… Read the rest of this entry

L’ultimo libro di Gervaso (nei giorni scorsi a Reggio per il 500° dell’hotel Posta) recensito da Ruozzi sull’inserto cultura del Sole24Ore
E sabato presentazione del volume storico

L’ultimo libro di Gervaso (nei giorni scorsi a Reggio per il 500° dell’hotel Posta) recensito da Ruozzi sull’inserto cultura del Sole24Ore
E sabato presentazione del volume storico


Lo scrittore Roberto Gervaso ospite nei giorni scorsi della cerimonia per il 500° compleanno dell'Hotel Posta, in Sala del Tricolore

Lo scrittore Roberto Gervaso, ospite alla cerimonia per il 500° compleanno dell’hotel Posta, in Sala del Tricolore

«Io sono un cinico che ha fede in quel che fa», scriveva lapidariamente Vincenzo Cardarelli a inizio Novecento, presto corrisposto da Ennio Flaiano. Una apparente contraddittoria dichiarazione di fiducia nella vita, da parte di chi decide comunque di non mollare e di aggrapparsi al valore terapeutico del proprio lavoro e delle proprie opere.

LA TORTA DI COMPLEANNO

TORTA DI COMPLEANNO

Tra i cinici contemporanei spicca Roberto Gervaso, che ha da poco pubblicato con Mondadori un «breve corso di Educazione cinica» intitolato La vita è troppo bella per viverla in due. È un brillante manuale di aforismi, genere al quale Gervaso ha rivolto molta attenzione, basti ricordare i libri Il grillo parlante (1983: «L’amore a prima vista spesso non è che una svista»), La volpe e l’uva (1989: «Fermare la giovinezza. E poi?»), Aforismi (1994: «Se fossi migliore di come sono, mi annoierei»), L’amore è eterno finché dura (2004: «Di tutte le forme di orgoglio l’umiltà è la più calcolatrice»)…

Il prof. Gino Ruozzi, studioso di scrittura breve, intervista CAP sul palco del teatro De André di Casalgrande (10 giugno 2015)

Scrittura epigrammatica, strutture lapidarie. Gino Ruozzi, studioso di letteratura breve – aforismi, massime – intervista CAP (autore di “Tabula rosa”) sul palco del teatro De André di Casalgrande / 10 giugno 2015

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Digital humanities, l’arma disruptive (#ebbastaconstosharing) è il prestito bibliotecario di ebook, che se sono di
poche pagine si chiamano iBucchini

Digital humanities, l’arma disruptive (#ebbastaconstosharing) è il prestito bibliotecario di ebook, che se sono di
poche pagine si chiamano iBucchini


gif car cake-> Come si fanno le classifiche dei libri (IlPost)

-> Un libro sospeso, idea per le carceri (Lettera43)

-> Le classifiche dei più grandi libri di sempre

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di Andrea Coccia – Linkiesta.it

Amazon, Facebook, Airbnb, Uber. Sono i quattro volti più noti di un modo di fare impresa relativamente recente basato sullo sfruttamento delle nuove tecnologie digitali e su un atteggiamento molto aggressivo sul mercato. Come si dice appoggiandosi all’inglese, disruptive.

Disruptive significa insieme “rottura” e “disturbo” e che negli ultimi tempi può indicare il comportamento del bambino ribelle che in classe disturba lo svolgersi della lezione, ma anche quello del bambino geniale, che trova il modo di fare una cosa nella metà del tempo degli altri, e li surclassa.

Sabato sera, prendendo appunti per un video-spot in quel di Baragalla

Sabato notte (prendendo appunti per un video-spot per i multisala) a Baragalla

Due significati che sono una perfetta didascalia dell’etichetta, perché raccontano un sacco di cose delle modalità e degli effetti dell’ingresso di queste nuove imprese nel recinto del mercato.

Rottura e disturbo. Due mosse legate a doppio filo che traggono, proprio dalla loro contemporanea applicazione, una potenza tremenda. La rottura è data dall’insieme di competenza, rapidità ed efficacia. È l’andare a un’altra velocità, e usarla per superare a destra senza mettere la freccia. Il che è già una parte del disturbo, che consta nell’usare questa competenza e questa velocità per annichilire i propri competitor, ovvero per trasformare lo spazio di riferimento del proprio mercato in un grande deserto. Per poi, alla fine del processo di piallamento, conquistarlo e magari ribattezzarlo con il nome del proprio brand…

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Garantismo vs circo mediatico-giudiziario
“Come si distingue un bravo magistrato
da un magistrato reporter?”. Ah, saperlo…

Garantismo vs circo mediatico-giudiziario
“Come si distingue un bravo magistrato
da un magistrato reporter?”. Ah, saperlo…


"Supplenza politica, processo mediatico, protagonismo: i mali della giustizia italiana raccontati dall'interno. Piero Tony, già sostituto procuratore generale di Firenze, presidente del tribunale per i minorenni della Toscana e da ultimo procuratore capo di Prato, ha scelto di andare in pensione con due anni di anticipo per essere libero di protestare contro un fenomeno tutto italiano, quello dei magistrati che spesso hanno trasformato gli strumenti di indagine in armi puntate contro i cittadini, usandole poi per combattere battaglie politiche. Il suo è un racconto sconcertante, ancor piú venendo da un giudice "certificato e autocertificato di sinistra", poiché rivela l'esistenza di un virus capace di minare la giustizia del nostro Paese. Un virus che però può - e deve - essere combattuto". (Quarta di copertina)

Libro tosto da noi acquistato in maggio, appena uscito, alla Feltrinelli di Modena. “Supplenza politica, processo mediatico, protagonismo: i mali della giustizia italiana raccontati dall’interno. Piero Tony, già sostituto procuratore generale di Firenze, presidente del tribunale per i minorenni della Toscana e da ultimo procuratore capo di Prato, ha scelto di andare in pensione con due anni di anticipo per essere libero di protestare contro un fenomeno tutto italiano, quello dei magistrati che spesso hanno trasformato gli strumenti di indagine in armi puntate contro i cittadini, usandole poi per combattere battaglie politiche. Il suo è un racconto sconcertante, ancor piú venendo da un giudice “certificato e autocertificato di sinistra”, poiché rivela l’esistenza di un virus capace di minare la giustizia del nostro Paese. Un virus che però può – e deve – essere combattuto”. (Quarta di copertina)

Nel suo libro “Io non posso tacere”, l’ex procuratore capo di Prato, Piero Tony, mette a fuoco due temi che riguardano i magistrati utili da rileggere alla luce sia del processo sulla trattativa, e l’assoluzione di Mannino, sia alla luce del processo su Mafia Capitale. Tony dice che spesso ci si dimentica che il compito del magistrato non è dimostrare a ogni costo la bontà di una tesi: “Il magistrato deve portare alla luce non soltanto ciò che conferma le proprie idee, ma anche ciò che potrebbe smentirle. Non lo dice il buon senso, lo dice l’articolo 358 c.p.p., titolo V, attività di indagine del pubblico ministero: Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell’articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”.

“Avete presente – scrive Tony – Karl Popper e la teoria della falsificabilità, secondo cui basta un solo esempio contrario per ritenere falsa qualsiasi proposizione scientifica e non? Il magistrato, secondo me, dovrebbe sempre tenerla presente per non essere accusato di essere politico. Più si è ‘sensitivi’, invece, più si rischia di fare la figura di chi utilizza alcuni strumenti della giurisprudenza come se fossero delle armi”. I magistrati che tendono a non applicare la teoria di Popper sono quelli, secondo Tony, che si ritrovano spesso a gestire le inchieste come se fossero dei reporter e non dei pubblici ministeri e i risultati di una politicizzazione spinta dei magistrati, secondo l’ex procuratore di Prato, è questa: “Inchieste condotte a furor di popolo in quanto sostenute, a prescindere, dai media e dall’opinione pubblica; magistrati sempre indaffarati, con il cellulare all’orecchio e lo sguardo di chi farà giustizia… e magari nelle frettolose retate viene calpestata ingiustamente qualche vita; trionfo del Cencelli negli organigrammi delle procure; correnti ormai votate più a ottenere riconoscimenti che a dibattere sulle necessità giudiziarie per far crescere una sana cultura di giurisdizione; ascesa di alcuni magistrati – sparuta minoranza, per fortuna – ormai geneticamente modificati dalla convinzione che, spesso, per raggiungere un determinato ruolo conta più chi ti propone di ciò che tu stesso hai fatto per guadagnartelo; magistrati che passano mesi in campagna elettorale, mesi a promettere cose che poi dovranno mantenere quando raggiungeranno un obiettivo. E questo genere di magistrato lo si riconosce facilmente. È intrufolino, si appassiona soprattutto a temi mediatizzabili, scrive provvedimenti simili a reportage. È specializzato nel dare le soffiate giuste alle persone giuste (avendo la quasi assoluta certezza che non sarà mai punito)”… Read the rest of this entry