Category Archives: Libridini

Sgalambriana. Non son solo canzonette

Sgalambriana. Non son solo canzonette


sga

Sarà che ultimamente frequentiamo la scrittura siciliana (l’immenso Sciascia, il già scandianese Bufalino, il pirotecnico Buttafuoco), ci va qui e ora di rendere un doveroso omaggio al filosofo Manlio Sgalambro da Lentini (sì, come il mitico Gorgia!) che per vent’anni è stato per Battiato – semplifichiamo un po’, perdonateci – quel che Panella è stato per l’ultimo Battisti (l’avantissimo “periodo bianco”, anni 1986-1994).
E che tra ombrelli e macchine da cucire, gommelacca e capitani Shackleton ha scritto buona parte del testo della fortunata “La cura” (in scaletta anche ieri sera al teatro Valli), tra le più apprezzate canzoni d’amore italiane di sempre insieme a – rullo di tamburi: la selezione che segue è personale e a braccio, incompleta e opinabile, forse persino sottilmente provocatoria – “L’importante è finire” e “Ancora ancora ancora” di Malgioglio (per Mina), “Se telefonando” di Costanzo (nuovamente per Mina, con musica di Morricone che si ispirò al suono delle sirene della polizia di Marsiglia), “Tutto il resto è noia” e “Minuetto” di Califano, “Su di noi” di Pupo e “Gloria” di Tozzi (testo del grande Bigazzi, già membro dei mitici Squallor), “Ancora tu” e “Prendila così” di Mogol, “Bella stronza” e “Tempo buttato via” cantate da Masini, “Gli uomini non cambiano” e “Almeno tu nell’universo” portate al successo da Mia Martini e, infine, “Una lunga storia d’amore” di Paoli che contiene perline come “io ti conosco da sempre e ti amo da mai” e “ora è già tardi ma è presto se tu te ne vai” (certo, ci sarebbe anche “La canzone dell’amore perduto” di De André, tra l’altro interpretata da Battiato nella raccolta “Fleurs“: bellissima, è vero, ma tant’è).
I primi nostri cinque libri di Sgalambro (scomparso due anni fa) li comprammo tra il ’94 e il ’95 – l’ultimo, invece, l’interessante “Variazioni e capricci morali”, è entrato nella biblioteca CAP a inizio gennaio 2014, appena uscito (e ancora: un brano de “Il balsamo”, da “La consolazione”, Adelphi 1995, pp. 114-116, appare ne “L’ultimo applauso dell’ultima amante”, nostro lavoro poetico del 2001).
Nella foto qui sopra, anche due titoli-chicca di due autori molto cari al pensatore paroliere – vale a dire Schopenhauer (in edizione tedesca) e Cioran (in edizione francese).

POI, CINQUE LIBRI DI O SU NIETZSCHE IN LINGUA STRANIERA (LETTONE INCLUSA)

POI, QUATTRO LIBRI DI O SU NIETZSCHE IN LINGUA FRANCESE PIU’ UNO IN LETTONE

Il garantismo secondo Montesquieu (saggio 2016) e l’errore giudiziario (bel libro 2011)

Il garantismo secondo Montesquieu (saggio 2016) e l’errore giudiziario (bel libro 2011)


garantismo

Se è vero che ogni uomo che non viva sulla luna è ben consapevole della fallibilità umana e non ignora che anche i giudici possono sbagliare, è anche vero che in considerazione degli irreparabili e devastanti effetti che derivano dagli errori giudiziari, l’ordinamento giuridico dovrebbe garantire: – la più severa vigilanza sulla condotta del magistrato inquirente e di quello giudicante affinché la loro funzione non sia inficiata dalla passione e dal fanatismo; – la più assoluta e rigorosa applicazione del principio di presunzione di innocenza dell’imputato; – la più grande “lontananza” possibile (in senso fisico e professionale) del magistrato inquirente da quello giudicante; – l’obbligo per il magistrato di rispondere di fronte alla legge, ove abbia commesso gravi errori nell’esercizio della sua funzione. E riguardo a questo tema, in riferimento al caso Calas, con cui Vergès avvia il suo esame, non conosciamo più perfetta ed efficace riflessione di quella che Voltaire ci ha lasciato all’inizio del suo Traité sur la tolerance à l’occasion de la mort de Jean Calas: «Ma se un padre di famiglia innocente viene consegnato nelle mani dell’errore, o della passione, o del fanatismo; se l’accusato non ha a sua difesa altro che la propria virtù; se nel trucidarlo gli arbitri della sua vita non corrono altro rischio che quello di sbagliarsi; se essi possono uccidere impunemente con una sentenza: allora si leva il grido pubblico, ciascuno teme per se stesso, accade che di fronte a un tribunale istituito per vegliare sulla vita dei cittadini nessuno è sicuro della propria vita, e tutte le voci si uniscono per chiedere vendetta».

Se è vero che ogni uomo che non viva sulla luna è ben consapevole della fallibilità umana e non ignora che anche i giudici possono sbagliare, è anche vero che in considerazione degli irreparabili e devastanti effetti che derivano dagli errori giudiziari, l’ordinamento giuridico dovrebbe garantire:
– la più severa vigilanza sulla condotta del magistrato inquirente e di quello giudicante affinché la loro funzione non sia inficiata dalla passione e dal fanatismo;
– la più assoluta e rigorosa applicazione del principio di presunzione di innocenza dell’imputato;
– la più grande “lontananza” possibile (in senso fisico e professionale) del magistrato inquirente da quello giudicante;
– l’obbligo per il magistrato di rispondere di fronte alla legge, ove abbia commesso gravi errori nell’esercizio della sua funzione.
E riguardo a questo tema, in riferimento al caso Calas, con cui
Vergès avvia il suo esame, non conosciamo più perfetta ed efficace riflessione di quella che Voltaire ci ha lasciato all’inizio del suo Traité sur la tolerance à l’occasion de la mort de Jean Calas: «Ma se un padre di famiglia innocente viene consegnato nelle mani dell’errore, o della passione, o del fanatismo; se l’accusato non ha a sua difesa altro che la propria virtù; se nel trucidarlo gli arbitri della sua vita non corrono altro rischio che quello di sbagliarsi;
se essi possono uccidere impunemente con una sentenza: allora si leva il grido pubblico, ciascuno teme per se stesso, accade che di fronte a un tribunale istituito per vegliare sulla vita dei cittadini nessuno è sicuro della propria vita, e tutte le voci si uniscono
per chiedere vendetta».

«Invochiamo il potere di punire per difendere la nostra sicurezza. Ma come ci difendiamo dal potere di punire?»

È un potere tragico, il potere di punire. Protegge, minacciando. Contiene la violenza attraverso l’uso della forza. È uno scudo potente; ma può ferire quanto le armi da cui difende. La sua fonte di legittimazione risiede nella tutela della vita, dell’integrità e della libertà delle persone; che, in assenza di proibizioni legali munite di sanzioni, resterebbero in balìa della legge del più forte.
Eppure, esso invade la sfera di immunità che presidia: inquisendo, imputando, costringendo e condannando. È un potere necessario e terribile, il cui esercizio può sempre degenerare in forme oppressive. Per questo, occorre limitarlo e modellarlo attraverso il diritto, al fine di renderlo aderente agli scopi garantistici che ne costituiscono la ragion d’essere.
«È dalla bontà delle leggi penali – scrisse Montesquieu, oltre due secoli e mezzo fa – che dipende principalmente la libertà del cittadino»: dalla configurazione della sfera dei reati, dalla composizione dell’arsenale delle pene, dall’organizzazione giurisdizionale e dalle regole del processo. Questa lezione politica ha lasciato una traccia profonda nella civiltà del diritto. Ha ispirato Beccaria, ha fecondato il dibattito illuministico, ha inciso sul processo di laicizzazione, umanizzazione e razionalizzazione del sistema penale.
Rileggere l’Esprit des lois, in un’epoca di espansione del potere punitivo, può essere un utile esercizio di resistenza contro la propaganda dogmatica del securitarismo. Con la sua critica dei divieti esorbitanti, dei castighi sproporzionati, delle accuse inverificabili e dei giudizi arbitrari, Montesquieu ci avverte che le fondamenta dello Stato di diritto poggiano sul terreno del garantismo penale.

*****

Negli anni settanta del Novecento si sviluppò un nuovo concetto di garantismo, legato al rispetto di una serie di diritti nel campo della procedura penale e incentrato sull’accertamento oggettivo della verità dei fatti, al di là di qualsiasi manipolazione e da qualsiasi arbitrio da parte del potere politico o giudiziario. In risposta alla legislazione d’emergenza con cui la politica italiana tentava di fronteggiare il fenomeno del terrorismo, i giuristi d’orientamento progressista teorizzarono il primato dei diritti individuali di immunità e di libertà di fronte al potere punitivo dello Stato. Significative a questo proposito le tesi di Luigi Ferrajoli, che riassumevano, in dieci principi generali, un sistema di garanzie nella giustizia penale:

  1. nessuna pena senza reato (principio di consequenzialità della pena al reato)
  2. nessun crimine senza legge (principio di legalità)
  3. nessuna legge penale senza necessità (principio di economia del diritto penale)
  4. nessuna necessità di legge penale senza danno (principio della offensività dell’evento)
  5. nessun danno senza azione (principio di materialità o esteriorità dell’azione)
  6. nessuna azione senza colpa (principio di colpevolezza o della responsabilità personale)
  7. nessuna colpa senza processo (principio di giurisdizionalità)
  8. nessun processo senza accusa (principio della separazione tra giudice e accusa)
  9. nessuna accusa senza prova (principio dell’onere della prova)
  10. nessuna prova senza difesa (principio del contraddittorio).

Delle dieci garanzie individuate da Ferrajoli, le prime sei rappresentano garanzie penali sostanziali, le ultime quattro sono garanzie processuali. Tali garanzie processuali costituiscono il nucleo di un più ampio, e non solo penale, garantismo giudiziario.

I principi fondamentali del garantismo giudiziario sono costituiti da:

  • garanzia dagli arresti arbitrari
  • habeas corpus (cioè immediata comunicazione dei motivi dell’arresto e celere presentazione al magistrato, perché possa eventualmente decidere la messa in libertà)
  • principio del contraddittorio, diritto alla difesa e partecipazione del difensore a tutte le fasi del procedimento penale
  • limitazione dei casi di carcerazione preventiva
  • presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva
  • condanna soltanto dopo una acquisizione di prove del tutto convincente (inammissibilità dei processi indiziari).

Scopare conviene? La scomparsa del sesso nella modernità (che te lo fa trovare, anche spinto, dappertutto, anche se è un bisogno di cui si può fare a meno – mica è la fame o la sete). Molti, infatti, preferiscono il lavoro, gli amici, gli hobby (di contro, però, hanno successo sugar daddy e wild cougar, cioè relazioni un po’ così). Siamo nel celeberrimo quadro di Hopper, dove un uomo è seduto al bordo d’un letto su cui giacciono una donna seminuda e un libro aperto, probabilmente Platone. Bentornato fine onanista Diogene!

Scopare conviene? La scomparsa del sesso nella modernità (che te lo fa trovare, anche spinto, dappertutto, anche se è un bisogno di cui si può fare a meno – mica è la fame o la sete). Molti, infatti, preferiscono il lavoro, gli amici, gli hobby (di contro, però, hanno successo sugar daddy e wild cougar, cioè relazioni un po’ così). Siamo nel celeberrimo quadro di Hopper, dove un uomo è seduto al bordo d’un letto su cui giacciono una donna seminuda e un libro aperto, probabilmente Platone. Bentornato fine onanista Diogene!


MIMOSA“In questa società che avvilisce il piacere, ci vogliono i monaci”. Avere sottratto il sesso al fine naturale, ossia la procreazione, ha svelato al mondo che gli unici ad avere capito tutto in anticipo erano quelli che si erano rinchiusi nella perversione più sublime: la castità. Riflessioni sul libro “Le aggravanti sentimentali” e sul saggio “Sexout”

approccioNon scopa più nessuno, nemmeno nei romanzi di Antonio Pascale che hanno sempre creato una tensione d’intelligenze altamente erotica. “Le aggravanti sentimentali” (Einaudi) sono una carneficina. A pag. 17 una donna “dice che non le piace tanto scopare”. A pag. 25 un uomo si lagna: “Alzati, fatti la doccia, cerca il preservativo… Guarda, a volte scopare è una palla”. Passano venti pagine e un altro descrive “il futuro del sesso: quando la procreazione perderà il suo lustro faremo sesso mistico e ragionato, come monaci. In questa società che avvilisce il piacere, ci vogliono i monaci”. In altre parole avere sottratto il sesso al fine naturale, ossia la procreazione, appiattendolo su uno scopo culturale, ossia esibire la propria identità, e misurandolo su una scala economica, ossia la ricerca del piacere assoluto, ha svelato al mondo che gli unici ad avere capito tutto in anticipo erano quelli che si erano rinchiusi nella perversione più sublime: la castità.

maniMica finisce qui: a pag. 67 ci sono uno, ancora giovane, che parla di prendersi soddisfazioni di fine carriera e una che dichiara che il sesso “non rientra nei suoi interessi primari”; a pag. 97 si avanza l’ipotesi che tutti i comici siano impotenti quindi facciano ridere per avere una copertura, per distogliere l’attenzione femminile, quindi “per non scopare”; a pag. 160 arriva chi decreta che “il sesso, come garanzia di felicità, è sopravvalutato”. Può tutt’al più essere lenimento, regressione infantile: di questo complesso romanzo la scena che più resta impigliata nella mente mostra una donna che, quando il suo partner nervosetto inizia a dare in escandescenze, prende a masturbarlo “con pazienza distratta, come una mamma che calma il figlioletto capriccioso mentre pensa che il sugo sul fuoco rischia di bruciarsi”… Read the rest of this entry

La bibliomania è come un’autobiografia

La bibliomania è come un’autobiografia


JE SUIS UN BOUQUINISTE (n.b.: non è una parolaccia). Biblioteque CAP: nella foto gli ultimi 10 titoli, arrivati negli ultimi 4 giorni)

Da grande farò il bouquiniste (non è una parolaccia). Bibliothèque CAP: gli ultimi 10 titoli arrivati

Io parlo, e continuerò a parlare, Bettino Craxi. Note e appunti sull’Italia vista da Hammamet (a cura di Andrea Spiri), Oscar Mondadori (256 pp., 14 euro), gennaio 2016 (prima edizione: settembre 2014).

Come viaggiare con un salmone, Umberto Eco, La nave di Teseo (208 pp., 10 euro), febbraio 2016.

Fiori sulla muraglia e Poesie per Algeri, Caterina Trombetti, Florence Art (96 + 56 pp., 10 + 10 euro), 2012.

Dentro al fuoco, Caterina Trombetti (con prefazione di Mario Luzi), Passigli (96 pp., 10 euro), 2004.

Elogio del tradimento, Gemma Gaetani, Vallecchi (252 pp., 12,50 euro), 2010.

Malaparte scrittore di guerra, Enzo R. Laforgia, Vallecchi (272 pp., 14,50 euro), 2011.

Post-digital print, Alessandro Ludovico, Caratterimobili (256 pp., 20 euro), 2014.

Contro l’antimafia, Giacomo Di Girolamo, il Saggiatore (248 pp., 17 euro), febbraio 2016.

Scegliere i libri è un’arte, collezionarli una follia, Luigi Mascheroni. Ritratti d’autore dei peggiori bibliofili d’Italia (a cura di Massimo Gatta, con prefazione di Mario Baudino), Biblohaus (178 pp, 15 euro), 2012.

Viaggio al termine d’un seduttore. Céline nelle lettere alle amanti: invettive, lussuria e consigli scurrili. “Niente amore senza preservativo, altrimenti da dietro” (che saggezza: tipica di un medico scrittore!)

Viaggio al termine d’un seduttore. Céline nelle lettere alle amanti: invettive, lussuria e consigli scurrili. “Niente amore senza preservativo, altrimenti da dietro” (che saggezza: tipica di un medico scrittore!)


celine

raduzione di Nicola Muschitiello Piccola Biblioteca Adelphi 2016, pp. 257

Traduzione di Nicola Muschitiello
Piccola Biblioteca Adelphi
2016, pp. 257, 15 euro

A sei donne incontrate fra il 1932 e il 1935, quasi tutte sue amanti occasionali, sono indirizzate queste lettere di Céline, dove sempre risuona la petite musique del suo stile.

Sei donne che Céline continua a seguire e proteggere: e, se si guarda bene dal parlare d’amore, non lesina consigli su come usare gli uomini nel modo migliore, cioè «per il piacere e per i soldi».

Ma soprattutto, lettera dopo lettera, con una generosità che rende lacerante la violenza autodenigratoria («Già vecchio, depravato, non ricco, malmesso insomma. Tutt’altro che un buon partito. Battona e malfido»), non cessa di illuminare per barbagli, a loro beneficio, il mondo. In fondo, scrive a Évelyne Pollet, «Crepare dopo essersi liberato, è almeno questa l’impresa d’un uomo! Aver sputato ogni finzione…».

Le lettere di Céline alle amiche/amanti ora pubblicate da Adelphi si muovono per lo più tra le tonalità del cinico, del viscido, del querimonioso.

All’occasione, dello scurrile. Dipende dal grado di soggezione che il dottor Destouches mostra di provare nei confronti della destinataria.

Davanti alla pianista Lucienne Delforge si prostra: Quanto ho bisogno di teRead the rest of this entry

->Piccolo con-tributo enciclopedico Ecografia. Mente lucida, ludica e curiosa… in questi vecchi brani pure anticonformista. Patchwork di 5 suoi pezzi d’antan (+ uno)

->Piccolo con-tributo enciclopedico Ecografia. Mente lucida, ludica e curiosa… in questi vecchi brani pure anticonformista. Patchwork di 5 suoi pezzi d’antan (+ uno)


costume eco1) “La storia dell’obiettività fa parte della ideologia del giornalismo moderno…  Dicendo “ideologico” intendo dire che si tratta di una sovrastruttura teorica elaborata per coprire altre cose…

‘Mito dell’obiettività’ significa dire: non si dà una notizia se non interpretandola, se non altro per il fatto di sceglierla. Per di più un giornale si fa coi titoli, col loro corpo e il loro carattere, con l’impaginazione e il taglio dell’articolo, con la collocazione dell’articolo in una pagina piuttosto che nell’altra

Il giornalista non ha un dovere di obiettività, ma di testimonianza… Il che non è male, è umano e ragionevole: basta non nasconderlo al pubblico… Il compito del giornalista non è quello di convincere il lettore che egli sta dicendo la verità, bensì di avvertirlo che egli sta dicendo la ‘sua’ verità”.
(“L’illusione della verità”, 1969) Read the rest of this entry

Piccolo omaggio (contro l’ecolalia social)

Piccolo omaggio (contro l’ecolalia social)


"Eco e Narciso" (1903), di John William Waterhouse

“Eco e Narciso” (1903), di John William Waterhouse

Effetto Bowie, si sente l’Eco.
#apocalitticimaintegrati

Eco merita tutti i necro-elogi possibili.
Ma i Narciso social, parlando di lui, esaltano se stessi.
#‎ilnomedellaposa‬

Con undici suoi libri in casa non possiamo astenerci da un piccolo fototributo.
#tagliarelatestaaltomo

Libreria CAP

Libreria CAP

(*) “L’ecolalia è un disturbo del linguaggio che consiste nel ripetere involontariamente,
come un’eco, parole o frasi pronunciate da altre persone”

Stereotipario moderno: nuove frasi s-fatte

Stereotipario moderno: nuove frasi s-fatte


culicchiaGiuseppe Culicchia, con molta voglia di giocare e altrettanta di mettersi in gioco, ha dato forma a una sua personalissima versione del Dizionario dei luoghi comuni.

«Addominali – Ciò che conta in un uomo oltre alla carta di credito. Io che non ho mai badato a queste cose, un giorno ho scoperto che avrei dovuto averceli a tartaruga. Sono subito corso a specchiarmi, e ho constatato che invece ce li avevo a foca. Avete presente le foche? Ecco, io ne ho una che dorme beata lí dove dovrebbe esserci una tartaruga. Ora, quanto è tenera una foca addormentata? Perché svegliarla? E come dirle che dovrebbe sloggiare per far posto a una tartaruga?»

Ma quanto siamo stupidi? E soprattutto: come? Inutile girarci intorno: ogni volta che ci scappa una frase fatta, è l’ottusità del mondo che si sta impossessando di noi. Basta ascoltare le conversazioni sui tram, guardare i telegiornali, partecipare alle cene di sedicenti intellettuali. Oppure, semplicemente ascoltare ciò che ci esce di bocca. È questo che ha fatto Giuseppe Culicchia: con molta voglia di giocare e altrettanta di mettersi in gioco, ha dato forma a una sua personalissima versione del Dizionario dei luoghi comuni. Perché capita a ciascuno di noi, molte volte al giorno, di perdersi in un luogo comune. E questo libro ci farà ridere, prima di tutto di noi stessi. Mi sono perso in un luogo comune contiene frammenti di comicità pura, ma anche riflessioni piú malinconiche – sempre all’insegna dell’intelligenza. Un testo che si può leggere come si vuole: rispettando l’ordine alfabetico o aprendo le pagine a caso, divorandolo in una sola notte o a poche pillole al giorno. Comunque lo si affronti, ci si vedrà allo specchio, perché è un ritratto di tutti noi, sorpresi – nei nostri salotti reali o immaginari – a parlare senza pensare davvero, pronunciando frasi impronunciabili.

Quel biennio feroce che sconvolse l’Italia

Quel biennio feroce che sconvolse l’Italia


-> Un feuilleton ottocentesco sull’anno delle nostre ghigliottine, raccontato con il futurum exactum
-> Novantatré sfumature di terrore. Rileggere la decomposizione civile, politica e antropologica italiana

Il libro in uscita da Marsilio

Il libro, in uscita da Marsilio

Un libro sull’anno clou del cosiddetto “Terrore” giacobino al servizio di una rivoluzione che molti giudicano selettiva, in una fase di cessazione di prerogative e/o cessione di sovranità (per opportunismo o per paura). Furore giustizialista, ferocia mediatica: insomma, barbarie e manette, con compromissione di alcune garanzie elementari (presunzione d’innocenza, giusto processo, primato della politica). Craxi? L’unico gigante, paradossalmente, in un paese inginocchiato al facile moralismo. Oggi sono in tanti a recitare il mea culpa, e meno male: tuttavia l’andazzo di certi automatismi (cortocircuiti conformistici) è rimasto più o meno lo stesso…

L'anno scorso invece uscì "1992" di Tiziana Maiolo

L’anno scorso invece uscì “1992 – La notte del garantismo”, di Tiziana Maiolo

Il coro dei giornalisti: un plotone d’esecuzione che andò oltre al vero o presunto patto dei giornaloni per concordare linea, scoop e titoli. Numerosi attori del circo mediatico sono rimasti nel ’93, anno clou del terrore: forse perché è più comodo continuare esattamente allo stesso modo (la storia non insegna). “Chiamano inchiesta il riciclaggio sedentario dei verbali. Noi del Foglio facevamo fior di controinchieste andando a sudarci dichiarazione per dichiarazione (le procure naturalmente non ci davano niente). Un vero controlavoro con tutte le difficoltà conseguenti. E sai come le chiamavano le nostre controinchieste? ‘Veleni’. Noi che lavoravamo: ‘veleni'; quelli che invece facevano da buca delle lettere: ‘inchieste’. E continua così! Ci sono giornalisti che vivono da decenni sulla pubblicazione di verbali recapitati dalle procure: un po’ comodo…” (Su ‘Il Foglio’ di oggi)

Ah: questo è il 1.500° post di questo blog
#10storiedilibreria‬ ‪#‎10fredduredalibraio

Ah: questo è il 1.500° post di questo blog
#10storiedilibreria‬ ‪#‎10fredduredalibraio


"Tabula rosa" tra la Dandini e Vespa (preferiamo lui a lei) e appena sopra i libri sui "papi"

“Tabula rosa” tra la Dandini e Vespa (preferiamo lui a lei) e, appena sotto, i libri dei “papi”

Avete “La coscienza di Zero”?
Chieda al reparto musica.

Sto cercando “I giganti della montagna”
di Pirandello.
Provi al piano di sotto, settore escursionismo, dopo la funivia.

Vorrei un’edizione economica de “Il ritratto
di Dorian Gay”.
Beh, senza outing costa appena 8 euro.

Avete “Pecorina americana” di Davide Lee Roth?
Sì, è lì sotto, vicino a Philip Van Halen.
Ma fossi in lei non mi chinerei…

“Il Signore degli Agnelli” è in offerta?
No, ma se lo compra avrà in omaggio il Dvd
di “Gran Torino”.

Cerco qualcosa sui Monty Python.
Deve guardare tra le guide turistiche, sezione alpinismo.

Sto cercando “Sequestro un uovo” di Primo Levi.
Ah, ok: lo trova sullo scaffale dedicato alla Pasqua ebraica.

Avete “Il senso di Smaila per la neve”?
No, è fuori stagione. Lo vendono solo alle terme di Jerry Colà, a Lazise.

Devo regalare un libro a fumetti di Ken Porker.
Lo trova tra i western delle edizioni Monelli, settore erotismo.

Ce l’avete Il Manifesto del Partito Comunista?
Certo… eccolo.
Ma questo è un libro… io volevo il poster!

divano