Quando una persona di spirito, dotata di ragguardevole spessore spirituale o di grande apertura mentale, discute con una persona di nobile profondità, animo sensibile, esperienza di mondo, belle venature e acute sfumature, entrambe ne escono soddisfatte e arricchite, l’una grata all’altra per lo scambio di vedute, dove la riconoscenza diventa riconoscimento reciproco, sintesi armoniosa di mezzi e fini, ideali e azioni.

AL PRANZO DI NATALE
Quando però una persona di specchiata statura civile o invidiabile levatura morale discute con una persona di spelacchiata cultura o claudicante coscienza critica, la prima corre il rischio, ahinoi, di venire scambiata per la caricatura di qualcuno o di qualcosa, mentre la seconda, stretta negli imbuti logici e dunque in affanno sul piano razional-argomentativo, arriva in breve tempo a rivelare la propria limitata o deludente caratura, per non dire natura.
Ben vengano, a dar pepe alle dinamiche e olio ai meccanismi, le suggestioni emotive o le esplosioni emozionali, talvolta traumatiche fino al proiettivo e dogmatiche fino al protettivo: inevitabili, spesso decisive e pazienza. Così come la fattualità, l’oggettività, la realtà e la verità, che sono punti di partenza importanti per capirsi, certo; ma il più irrinunciabile presupposto-requisito di un dialogo paritetico resta l’esercizio (praticato, non solo predicato) di una dose anche minima di onestà, intellettuale ed esistenziale insieme, condita da un pizzico di auto-consapevolezza e da quell’ingrediente in più che è il dubbio conoscitivo, atteggiamento costruttivo che, portatore sano di comprensione e compassione, unisce, dissolve e risolve.
Tutto ciò per dar forma alle cose e forza al confronto dialettico, ovvero sostanza consustanziale al rispetto che si deve a se stessi e all’interlocutore, alla libertà di espressione e al sentimento di giustizia, quindi tanto all’amicizia quanto alla vita.