Monthly Archives: agosto 2014

La mia fase cristologica (1992-1995)

La mia fase cristologica (1992-1995)


Una selezione-bouquet di titoli acquistati nel periodo in cui fui “cristiano del dissenso”:
un cattolico “alla ricerca”, un anticlericale sui de-generis. Poi sono guarito.
 (Libreria Cap)

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1) Ipotesi su Gesù (Vittorio Messori, 1976, edizione Tea 1992) – Acquistato nell’autunno 1992

2) Un uomo chiamato Gesù (Marcello Craveri, 1993, Teti) – Acquistato nel 1993

3) Cristo (David Donnini, 1994, Erre Emme) – Acquistato il 15 giugno 1994

4) Gesù Cristo non è mai esistito (E. Bossi, 1976, La Fiaccola) – Acquistato nell’aprile 1994

5) Vita di Gesù (E. Renan, 1863, ed. Newton Compton 1994) – Acquistato il 17 ottobre 1994

6) Altre ipotesi su Gesù (Diego Gabutti, 1994, Liber) – Acquistato il 17 gennaio 1995

7) Gesù mago (M. Smith, 1987, edizione Gremese 1990) – Acquistato il 1° settembre 1995

Bonus track

8) Cosa possiamo sapere di Gesù? (Howard Clark Klee, 1990, edizione Claudiana 1993) – Acquistato il 10 febbraio 1996

9) Gesù Cristo (Michel Quesnel, 1994, Flammarion, edizione Il Saggiatore 1997)

10) Gesù (Paolo Flores d’Arcais, 2011, Add)

Sesso o affetto? Dibattito estivo
“Care donne, la libertà è tradire” (non per dispetto, ma nel rispetto nostro e altrui)
“Invece no: il poliamore è triste”

Sesso o affetto? Dibattito estivo
“Care donne, la libertà è tradire” (non per dispetto, ma nel rispetto nostro e altrui)
“Invece no: il poliamore è triste”


Il libro, uscito quest'anno anche in Italia

Uscito quest’anno in Italia

Parla la sessuologa e teorica del poliamore Janet Hardy: “Non ho mai ipotizzato l’estinzione della coppia monogamica, che può essere molto funzionale. Ma è solo ‘un’ tipo di relazione”

La fedeltà è una nozione ormai vuota di significato, per lo meno nell’ambito della sessualità? C’è chi lo pensa: “Non ha proprio niente a che vedere col sesso“, sostiene impavida la saggista e sessuologa americana Janet Hardy. “Fedeltà vuol dire mantenere una promessa: di supporto emozionale, di sostegno reciproco, di condivisione delle rispettive vulnerabilità. Che c’entra il sesso?“, si domanda Janet, nota come co-autrice, insieme a Dossie Easton, di un libro capace di accendere discussioni e raccogliere proseliti, diventando un bestseller.

Il libro si intitola The Ethical Slut, nel senso di “troia” o “battona” etica, o più cautamente di “sgualdrina” o “adultera”. Edito nel 1997 e riproposto con ampi aggiornamenti nel 2009, è giunto in Italia quest’anno col titolo La zoccola etica (Odoya)… Read the rest of this entry

Ore in bozza

Ore in bozza


A chi mi domanda la ragione dei miei viaggi, rispondo che so bene quello che sfuggo, ma non quello che cerco (M. de Montaigne)

stringenteA chi se ne sbatte beatamente della follia del mio restare qui, dove in realtà non sono mai stato, uguale ai tanti me stesso, intanato nato, piantato dentro, immoto mobile di anta in antro, vorrei invece dire che in fondo, in questo fondo di mondo, non ho ancora capito cosa dovrei fatalmente scansare ma neppure chi vorrei finalmente evitare, immerso giacente, sommerso o latente, qui che è tutto un inseguirsi di nessuno a caccia di qualcosa, dove tutto è un susseguirsi nel sussiego dei ciascuno, senza più gente intorno, e non c’è niente da trovare che non valga la pena di essere prontamente smarrito o anche solo la lena del probamente cercare.

Nel nulla che ci toglie e avvolge, con premesse ormai scadute: per discese mai scalate o bottiglie mai scolate, e a pelle ci raccoglie e palpeggia, si atteggia a promesse remote d’ignoto Walhalla, disciolte nell’arido arrivo di un autunno d’ignavia – di tempio inattivo, che pallido pavido avido addosso mi udivo e risentito sentivo.

Il tempo che si perde nel non-senso del discorso, la storia che si finge altra e s’infrange alta, la memoria dei dettagli come un tappo che si toglie. Abbagli di Sfinge, pendenze da sbagli, perdenti a sonagli.

La cella che non prende, il campo che non c’è, la colla che non tiene, la conta che non torna, l’amica che ci prova, l’amaca bella stesa, la lista della spesa fino a lì, sospesa sui giorni della resa. L’ira che non spinge, l’amore che ci strugge, il cuore come burro, il riso appeso al muro, la testa che ci sbatte come un chiodo e il suo martello, nel rovello, il mantello dell’eroe contro il maglio di un incontro. La clessidra che si ferma mentre l’ora prende forma, con la pancia che si gonfia perché l’ego la respinge, e sospeso non mi spendo.

Fuoco calmo, gioco fermo. L’abbraccio più non scalda la corda che ci stringe: il cappio per il gregge, la ruggine di noi, la culla abbandonata sulla via della salvezza, la stoltezza senza presa né pretese.

Questa vita abbarbicata alla sorgente, che fuggente scorre bene nel suo guscio, che mi sfugge e si trascina nello spazio, nello struscio dei pensieri in cui mi lascia, e bastarda corre in culo a non so che.

Io con me, come se, lì con voi, a darci del tu, a starci di più, fin che ce n’è. Sono lo stesso da mai, nel culto che sai, colui che da sempre non c’è.

Che tanto, dove siamo noi, come siamo ora, il canto grava e come un destino grida. Il disco gira, il valzer parte, il pezzo suona, la nota arriva.

Dal Si al Fa, dal Mi al Re, un-due-tre, un-due-tre…

L’essere non è.

SENZA DOCCE: IL SILENZIO E’ D’ORO

SENZA DOCCE: IL SILENZIO E’ D’ORO


Doveva arrivare sir Patrick Stewart ad illuminarci, in merito alla campagna Ice Bucket Challenge, che sta impazzando da un paio di settimane sul web, come iniziativa volta alla sensibilizzazione della lotta alla SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

Anzichè fare come il 99,9% dei vip – ovvero ringraziare le persone che li hanno nominati, scolarsi addosso un secchio di acqua ghiacciata e citare a loro volta altri colleghi e amici – il 74enne interprete, tra gli altri, del capitano Picard in Star Trek – NG e del Prof. Xavier in X-Men, ha agito a modo suo: firmando e staccando un assegno dal proprio carnet, per poi usare il ghiaccio contenuto nel secchio per completare un bicchiere di buon whisky. Tutto rigorosamente in silenzio.

Quando partì l’iniziativa dell’ALS Ice Bucket Challenge, la regola era una: effettuare una donazione in denaro per combattere la SLA oppure versarsi addosso una secchiata di acqua fredda. Quest’ultima dunque da considerare come una sorta di penitenza.

C’è però anche chi difende il gesto della secchiata, adducendogli una funzione solidale, mirata a far comprendere come ci si senta, anche solo per un attimo, ad essere affetti da quel male, costretti a rinunciare alla pressochè totale attività muscolare.

In ogni caso, meglio la firma silenziosa di Patrick Stewart della pretestuosa doccia fredda del semi-vip di turno, ansioso di mettersi in competizione coi colleghi più celebri e magari anche all’oscuro del reale significato del gesto.

(WWW.BLOGDICULTURA.IT)

Very nIce imBucket Challenge

Very nIce imBucket Challenge


go fuck

Contro le docce fredde e i secchi d’acqua, la luna nel pozzo e la piscinetta in cortile. Contro la solita estate dei soliti noti, quelle note intonate per farsi notare e sentirsi i più avanti, pochi accordi e tanti vanti (se la suonano e se la cantano tra loro, iniziati e cooptati, ammogliati e affiliati), “perché ci vuole orecchio anzi parecchio”, dunque tutti lì con le antenne dritte e il sorrisino giusto, e come diceva quel tale, talvolta – perdonate la battuta – si parte cantanti e si finisce a contare contanti.

Contro la dittatura social: mai come oggi la vita è tutta un clip, diffusa in plot e in loop, sotto dettatura vip o nip – not important penis (per non dire di tutti i “r.i.p.” defunti o fungenti in cui ciabattanti c’imbattiamo, li mortacci loro e un po’ anche nostri). Contro i nuovi mostri. Contro l’invasione dei “velfie” (autovideo), contro i filmini splatter tutti sangue e torture, sadismo e violenze, shock e sciocchezze – meglio la foto di un culo in silenzio, ma che sia un culo che parli.

Contro l’emulazione spaccona e le antoniane catene veterovirtuose fintobuoniste similbenefiche, contro l’elucubrazione precoce di chi sa sempre da che parte stare, e perciò non sta mai zitto, anche solo per un quarto d’ora di pubblicità. Contro il “nomination marketing” e l’hashtag narcissism, flagelli del postmoderno e ormai anche del postmortem. Contro le campagne cool – e le periferie pop. Contro il feticismo dei pretesti, contro il felicismo del vincere facile. Very n-Ice.

Quelli della doccia fredda, che tanto l’estate sta finendo e il caldo arriverà. Giornalisti con la testa mozzata e politici con la testa nel secchio, perché ci vuole orecchio.

L’esibizione social del dolore e della solidarietà, tra palco e realtà, dramma e gioco, angoscia e sorrisi. Nomination marketing e hashtag narcissism, naturalmente vicini ai fotogrammi dell’orrore, al sanguinario potere dei cattivi.

Prima Gaza e avanti un altro, le bombe sui bimbi e le fosse come tombe, i gattini malmenati e i gattini adorati, cani abbandonati e cani scuoiati, stupratori incendiati vivi e ragazze sepolte vive, senza soluzione di continuità, prodotti di consumo da mettere nello stesso carrello, da condividere sulle stesse bacheche con insano voyeurismo. A caccia dello shock, a uso degli sciocchi.

Tutto nel frullatore, il male indicibile (subìto) e il bene imbecille (esibito). Vip che se la suonano e se la cantano tra loro, i soliti noti delle solite note, e tanti nip (not important people, nice internet person) a rimorchio, presi da irrefrenabile emulazione.

Nel flusso social dell’autorappresentazione, per appartenenza al giro giusto, il circuito cool, o per un po’ d’apparenza da appuntarsi all’occhiello, tutti insieme appassionatamente, con “velfie” (autovideo) da mettere in circolo, anzi in circo. Nei Tg all’ora di cena, nel web a tutte le ore.

Giuste cause che non costano nulla, battaglie senza azione, sensibilizzazioni del vincere facile: tout se tient nel rutilante mondo della pop charity, dove il soggetto oscura l’oggetto (di cui poco si sa e invece tanto bisognerebbe sapere, se solo non ci si dimenticasse in fretta del focus, subordinato al ficus).

Come l’assunto di quei testi che soccombono (soggiacciono) all’assurdo dei pretesti – il medium è il messaggio, e in questo caso si tratta di un viaggio di sola andata, che dura il tempo del buffering, di un refresh o di uno scroll: in questa dannosa dittatura dell’istante e dell’istinto, dove tutto si guarda e nulla si impara, tutto si posta e nulla rimane tra le pagine chiare le pagine scure, perché tutto è uguale e tutto si ripete. Pretesti pelosamente preteschi, appunto.

Questa dittatura (dettatura) tele-visiva, dove l’unica regola è essere visibili, direttamente o di riflesso. E con discutibile rispetto verso chi, nelle stesse ore, è stato costretto con la forza e la minaccia (in spregio alla privacy e in sfregio alla libertà) ad apparire sulla scena planetaria del macabro e del disumano, ripreso dalle telecamere e poi sgozzato da un gruppo di fanatici criminali: un reality cui la catena di montaggio e smontaggio del networking digitale di casa nostra ha fatto da cassa di risonanza, dandone insidiosa, esponenziale pubblicità… e per cosa, se non per inquietanti finalità oculari?

La diffusa dittatura del presente, senza storia senza memoria senza profondità, di smanie umorali e abitudini alla lunga tumorali, metafore di metastasi del pensiero. Marmellata impazzita, acritica e impulsiva, simultanea e dissonante, il pulp e il trash, i tuffi al mare e l’horror vero (altro che vacui), le prove costume e il malcostume italiano (mala tempora), i culi sodi e i tatuaggi nuovi, i tramonti in montagna e i crepuscoli di civiltà.

Tutti sadomasochisti, tutti feticisti, tutti strizzatori d’occhio, furbetti finto-emozionali, quindi tutto da vedere, tutto da origliare, tutto da cliccare.

Conformisti che brancolano, ora piangenti ora piacenti, contro la fame nel mondo ma mai contro la fama di sé. Insomma: tutto da evitare, molto da esecrare. Secchiate, secchiate pure, acqua ghiacciata e velleità agghiaccianti, che qualcosa resterà, o qualcuno arriverà.

L’estate se ne va…

Lettere a nessuno (preso oggi)

Lettere a nessuno (preso oggi)


“Le Lettere a nessuno, uscite per la prima volta nel 1997, tornano arricchite di una seconda parte: un lunghissimo piano sequenza sugli ultimi anni della nostra vita sociale e letteraria nazionale. Uno dei libri piú vivi e provocatori della nostra letteratura”

Acquistato oggi, 22 euro. Su Amazon l'avrei pagato 18,70, mannaggia...

Acquistato oggi, 22 euro, e letto stasera. Su Amazon l’avrei pagato 18,70, mannaggia. Vabbè.

«Quando questo libro è uscito per la prima volta, se ne è parlato come della tragicomica vicenda di uno scrittore sotterraneo in lotta per la pubblicazione… Ignorando le ragioni, le tensioni e le testimonianze che attraversano da parte a parte questo diario segreto ed epistolario esploso».

Antonio Moresco fa rivivere la figura dello scrittore irregolare, appartato, oggetto di amore e odio, e quasi di culto. Da scrittore «emerso», porta ancora piú avanti il suo disperato, donchisciottesco tentativo di aprire varchi nel nostro chiuso presente, con un libro nuovo a tutti gli effetti, che si colloca nella grande tradizione dello Zibaldone di Leopardi e del Mestiere di vivere di Pavese.

Un ininterrotto passo narrativo che attraversa ora la dimensione piú quotidiana ora quella piú generale, all’insegna di un continuo e intransigente primato dell’etica, e con una lingua che è considerata una vetta della produzione italiana contemporanea. Moresco conserva lo stesso sguardo sincero e ostinato degli inizi: oggi piú consapevole, ma mai disilluso… Read the rest of this entry

Riflessione su modernità-tecnologia-libertà
Mogio elogio del poliamore, ovvero del netloving, cioè il multitasking (comodo ma non troppo, naturale e democratico, paradossalmente più trans-parente e respons-abile di un rapporto serial-possessivo con un solo partner, giacché tutto scorre e tutto accade) di chi sceglie di non scegliere, o meglio, di chi sceglie ed è scelto ogni giorno. Il concetto di tradimento è superato oltre che lessicalmente fuorviante, in quanto se manca un patto certo, e in presenza di patte aperte, rimane un arnese rurale-morale (retaggio? coraggio? miraggio?) purtroppo o per fortuna messo fuori dalla porta perché fatto fuori dalla storia (extramorale) e dalla società (amorale). Insomma, meglio scopamici per rispetto (tradotto: stra-fare di necessità virtù) della vita propria e altrui o scopanemici per forza e fin che sorte non ci separi? La fedeltà è un fatto di testa e di cuore, un credo quia absurdum anche genitoriale – pater autem incertus – ma mai genitale (come il maschilismo falloide da troppo tempo insegna a chi non sa disimparare: dal virile ad personam di un tempo al virale ad minchiam di oggi, dal machismo donnaiolo al ma-anchismo bisex)
Rifugio di chi non sa amare o riflesso di chi ama troppo? Fuga o meta? Viltà o verità? Meglio l’utopia d’un apporto esclusivo o la distopia-distonia d’un porto di mare elusivo ma inclusivo? Monomania o smaniagamia? Alibi per furbetti dello sveltino o apertura senti-mentale (oltre che di gambe ambe)? Conquista postmoderna o mera nequizia postribola? Meglio stare con ciascuno nel persempre dei singoli momenti che possono durare anni (se non c’è investimento emotivo con tanto di ipoteca non ci sarà motivo di non cagarsi o di calarsi le braghe di tela se e quando non ci si frequenterà più o magari ci si rivedrà per caso o per caos in biblioteca, no?) o stare con uno alla volta dimenticando di volta in volta il precedente (oggi fedele a te, domani fedele a un altro – diceva Kraus)? La coscienza, così come l’incoscienza, è umorale e ormonale, atemporale e tridimensionale, non un temporale su un binario (morto) o un legno storto da raddrizzare, perciò procede e ci precede per flussi e flutti, in maniera circolare e da circo, non quadrata e lineare, perché segue corsi e ricorsi biografici, mica percorsi anagrafici: nulla resta ma tutto torna, tutto cambia ma nulla sparisce, e il sole scalda e c’è anche quando non si vede

Riflessione su modernità-tecnologia-libertà
Mogio elogio del poliamore, ovvero del netloving, cioè il multitasking (comodo ma non troppo, naturale e democratico, paradossalmente più trans-parente e respons-abile di un rapporto serial-possessivo con un solo partner, giacché tutto scorre e tutto accade) di chi sceglie di non scegliere, o meglio, di chi sceglie ed è scelto ogni giorno. Il concetto di tradimento è superato oltre che lessicalmente fuorviante, in quanto se manca un patto certo, e in presenza di patte aperte, rimane un arnese rurale-morale (retaggio? coraggio? miraggio?) purtroppo o per fortuna messo fuori dalla porta perché fatto fuori dalla storia (extramorale) e dalla società (amorale). Insomma, meglio scopamici per rispetto (tradotto: stra-fare di necessità virtù) della vita propria e altrui o scopanemici per forza e fin che sorte non ci separi? La fedeltà è un fatto di testa e di cuore, un credo quia absurdum anche genitoriale – pater autem incertus – ma mai genitale (come il maschilismo falloide da troppo tempo insegna a chi non sa disimparare: dal virile ad personam di un tempo al virale ad minchiam di oggi, dal machismo donnaiolo al ma-anchismo bisex)
Rifugio di chi non sa amare o riflesso di chi ama troppo? Fuga o meta? Viltà o verità? Meglio l’utopia d’un apporto esclusivo o la distopia-distonia d’un porto di mare elusivo ma inclusivo? Monomania o smaniagamia? Alibi per furbetti dello sveltino o apertura senti-mentale (oltre che di gambe ambe)? Conquista postmoderna o mera nequizia postribola? Meglio stare con ciascuno nel persempre dei singoli momenti che possono durare anni (se non c’è investimento emotivo con tanto di ipoteca non ci sarà motivo di non cagarsi o di calarsi le braghe di tela se e quando non ci si frequenterà più o magari ci si rivedrà per caso o per caos in biblioteca, no?) o stare con uno alla volta dimenticando di volta in volta il precedente (oggi fedele a te, domani fedele a un altro – diceva Kraus)? La coscienza, così come l’incoscienza, è umorale e ormonale, atemporale e tridimensionale, non un temporale su un binario (morto) o un legno storto da raddrizzare, perciò procede e ci precede per flussi e flutti, in maniera circolare e da circo, non quadrata e lineare, perché segue corsi e ricorsi biografici, mica percorsi anagrafici: nulla resta ma tutto torna, tutto cambia ma nulla sparisce, e il sole scalda e c’è anche quando non si vede


POLIAMORE FOREVER? ESISTE UN’INFEDELTÀ ACCETTABILE E NON SUBITA? LIBERA DAL TIMORE CHE SIA INFRANTO UN PATTO? JACQUES ATTALI: “TRA QUALCHE DECENNIO, LA MONOGAMIA SARÀ UN ANACRONISMO”

tre

Neutralizzato anche il concetto di corna

Sarà inutile anche il concetto di corna

“In analogia col networking, ci sarà il netloving: un circuito amoroso nel quale si potranno avere relazioni simultanee e trasparenti con più individui, che a loro volta avranno molti partners”. “A che titolo si dovrebbero avere due case e due cellulari, e non più amori?”

È possibile contare su una dimensione interiore dove il rapporto è “per sempre”? Affrancato dal dubbio, dalla contingenza e dalla fragilità? Insomma: esiste la fedeltà? Oppure, capovolgendo la prospettiva: esiste un’infedeltà accettabile e non subita? Libera dal timore che sia infranto un patto?

Bacio_batman_robin piccolaIl riferimento può applicarsi non solo a una persona. Si scelgono un ideale o un interesse o un luogo, come oggetti della nostra fedeltà. L’opposto è lo sfasamento traumatico fra la realtà e le aspettative personali, le norme che regolano il gioco e la loro rottura. Asimmetricità dolorosa nel territorio sensibile delle relazioni umane.

Per smussare i rischi di questo campo minato dai sentimenti, sarà opportuno affrontare il discorso a partire dallo sguardo lucido e cattivo (non in accezione morale, ma per aritmetica perentorietà) di un celebre economista, Jacques Attali, già eminenza grigia di Mitterand (lo nominò come speciale consigliere all’epoca della sua presidenza della Repubblica) e in seguito rimasto sulla cresta dell’onda politica francese collaborando con Sarkozy…

boccacce

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Uppy Birday!

Uppy Birday!


bird

(…) O mio tronco che additi, in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti sulle tue mani, guarda:
sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: “più in là”
(Eugenio Montale)