CASALGRANDE EDUCATIONAL (MORAL SUASION)
Dice il saggio: guai a non concretizzare i consigli di CAP. E’ passato un giorno e il candidato di Sant’Antonino alta – pur recependo positivamente il nostro consiglio – non ha ancora sostituito la foto del suo profilo Facebook (che non gli rende onore: ci auguriamo si tratti comunque di una scelta provvisoria, in attesa di un nuovo book – quindi look – fotografico). I social sono una cosa seria, e anche i consigli amorevoli di amici e colleghi lo sono. Faccia presto, ogni ora persa è consenso perso. Va bene far parlare di sé, creare sorpresa e persino imbarazzo, specie per un candidato poco conosciuto e che in questi cinque anni di vita pubblica (da capogruppo) non ha voluto fare particolare rumore e/o avuto la possibilità di dare o lanciare o lasciare significativi segnali o anche solo segni della sua presenza, ma ci sta, e va benissimo: però sottovalutare il fattore impattante che il web ha sul grande pubblico (senza alcun filtro, senza cioè la mediazione edulcorante di tenenti o colonnelli di partito), perlopiù giovane, sarebbe un peccato mortale per chiunque ambisca a guidare per anni una comunità costituita e anzi fondata per definizione su “reti sociali”, più fisiche ma non più reali di quelle digitali.
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COMPRERESTE UNA BARCA USATA DA UN TIPO CHE SI PRESENTASSE IN PUBBLICO RITRATTO CON UN BRACCIO NON SUO COME QUELLO DELLA FOTO AL CENTRO? NOI SI’, CERTO: MA SOLO SE CAMBIASSE IMMAGINE O ALMENO ELIMINASSE CON PHOTOSHOP QUELL’INQUIETANTE MONCHERINO (PERDIPIU’ VENOSO) CON TANTO DI OROLOGIO TAROCCO E ANELLO AL POLLICE…



(Satira politica) Punto primo: la foto al centro è (coram populo) da cambiare, o almeno da correggere con Photoshop, eliminando il braccio basculante. Scoglio numero due: optare per un “taglio” alla Pantani (il compianto Marco, un numero uno che ha subito ingiustizie e che ci ha lasciati troppo presto), da cui un Vaccari “Pirata”, o preferire una frangetta mora alla Spock di Star Trek (da cui un Vaccari “Marziano”)?
Ma soprattutto: perché non tagliare la testa al toro e scegliere di indossare una bandana bianca (o fantasia, why not?) come quella esibita dal Cavaliere Mascarato in Sardegna all’incontro con Blair qualche anno fa? Il sondaggio abbia inizio…
Le vie di mezzo non rendono giustizia: Vaccari scelga. Riassumendo: o Pirata (metafora dello sportivo tutto fatica e sudore, che ci crede e combatte, dell’imbattibile scalatore e amato campione – in questo caso elettorale) o Alieno (metafora del candidato outsider, messo lì per volontà altrui ma se non altro estraneo alle beghe e ai ballottini locali) o “Marinaio” (lui che tra l’altro è un velista di rango, capace di salpare da ogni dove e di solcare qualsiasi mare, resistendo a tutte le tempeste: come il D’Alema di Ikarus).
L’amico e consigliere comunale Pd Francesco Magnani intanto rilancia: “Fossi in Alberto metterei su l’orecchino, così da impreziosire e al tempo stesso addolcire i padiglioni auricolari… o magari un piercing di Swarovski al naso, ma non troppo vistoso, quindi mi tatuerei la bandiera della Juve sulla caviglia sinistra (in onore di Rossi) e il sigaro di Montipò in zona pube (per convincere Giovannini a non candidarsi). E poi, sempre fossi in lui, per tutta la campagna elettorale delle primarie indosserei un bel crocifisso d’oro al collo, così da tenere buona la Maffei”.
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UNA MANO PER AMICO (ma solo nei telefilm)
INTEGRAZIONE AL “PRIMO PILASTRO” (DEI 7 ANNUNCIATI)

Alberto, non farmi sprecare parole!
Il candidato Vaccari, finalmente attento e tempestivo, ha preso alla lettera la prima regola della comunicazione (anche politica): sedurre – etimologicamente “portare a sé”, rassicurare, motivare. Le false partenze rischierebbero infatti di compromettere l’obiettivo finale (specie se temporalmente vicino e per certi versi “innaturale” per il competitor di turno, che ai più appare come un attore gettato suo malgrado nella mischia), che in una compition è e resta quello di vincere. E’ la prima impressione quella che conta, checché se ne dica. Senza sentiment non c’è focusing, e dunque nemmeno mission che tenga. Serve feeling (identificazione e proiezione): ne deriverà il posizionamento del brand e, dunque, l’impression (che significa “il numero di volte che una pagina web o un banner viene visualizzato dagli utenti”, ovvero, in generale, il numero di consensi che un soggetto – la politica è oggetto, ma il candidato è sempre soggetto – incasserà, giacché i voti si contano, mica si pesano).
Lui, giustamente, da ex co-fondatore di “Quisipuò” avvezzo all’ironia a denti stretti, se la ride. E’ dotato di innato sense of humour e persino di discreto esprit de finesse, e dico per fortuna (anche se non sempre emergono come dovrebbero e/o non sempre sono usate col giusto timing); tuttavia in queste prime ore di campagna un’incauta (seppure sporadica: e meno male!) frequentazione del mezzo web lo ha esposto all’affettuosa ironia di amici e colleghi, spero non infruttuosa: i quali ci scherzano su ma per dire davvero, mostrandosi d’accordo con noi su certi “ritardi” o certe “acerbità”, e dunque malcelando preoccupazione per l’esito della corrida primaria, tutt’altro che scontato nonostante il diffuso appoggio uscito dalla segreteria (i generali ci sono: ma le truppe?).
Forse perché a digiuno di certe sensibilità, forse perché consigliato male o forse perché impegnato a fare altro in quel di Carpi, suo paese lavorativo e in buona parte adottivo, sembra non voler considerare seriamente il fatto che la curatela di una opportuna “imago” (che non significa solo immagine, ma anche figura, spirito, apparizione, parvenza, visione, aspetto, parabola) sarebbe in grado di fare la differenza (fosse anche quella del profilo Facebook, che è digitale ma reale: non virtuale come i “giurassici” si ostinano a credere) e che una buona comunicazione su carta, video e online – social e web in generale – risulterebbe determinante per emergere nell’agone, almeno in questa prima fase, quella della “presentazione” della candidatura – nel suo caso anche del candidato, che ai più sembra piovuto come un ufo dal cielo nonostante i 5 anni in aula. Vincere le primarie è un conto: vincere le elezioni è invece un altro film, specie col doppio turno.
Dicevamo: abbiamo individuato ben 7 pilastri della saggezza elettorale, applicabili anche alla candidatura di un ingegnere informatico prestato alla politica. Ebbene: Vaccari, ad oggi, con pochi e ben assestati accorgimenti tecnico-pratici (rifiniture, rifioriture, riscritture) potrebbe recuperare il gap (risalendo il fiume in corsa in termini financo “plebiscitari”) che in ipotesi e forse anche in potenza si frappone tra lui e un sentire comune o comunitario (la famosa “percezione”). Alberto è preparato e sufficientemente sveglio, probabilmente anche deciso sebbene “acerbo” delle dinamiche casalgrandesi, dunque non ci metterà granché a far suoi i margini di miglioramento propositivo (e quindi di implementazione relazionale) cui può naturaliter ambire e agevolmente raggiungere, laddove le qualità private dovranno sfondare la quantità pubblica (attenzione però: non serve fare tanto, strafare; basta fare le cose giuste, puntuali, e farle bene – in sintesi: occhio all’effetto “rebound”, al “reuptake”).
I passi in fila. Ieri ne abbiamo indicato uno, il primo pilastro. Ovvero: cambiare l’immagine del profilo e scrivere in modo meno tecnico e più diretto. Perché Alberto potrebbe mostrarsi più “seduttivo” di come si auto-rappresenta nella foto che ha maldestramente scelto e pure nel networking che addirittura manca del tutto sulla sua pagina-diario, e soprattutto scrive molto più “terrestramente” di quanto abbia fatto vedere nella nota in cui accetta di correre per il posto di primo cittadino, zeppa di buro-politichese più o meno come la lettera della segretaria “Marziana” Filippini pubblicata oggi dal Carlino. In politica la forma è sostanza, e questa deve incuriosire, familiarizzare, emozionare. Dopo l’immagine – e qui anticipo il secondo punto – c’è l’immaginazione, cioè un mix di visione e creatività. Ma non voglio dire di più, sennò verrei meno al mio proposito.
Insomma. Avremmo voluto indicare gli altri 6 pilastri, uno dopo l’altro, e oggi sarebbe toccato al secondo, come dicevo poc’anzi, ma è presto: prima bisogna risolvere il nodo del primo. Senza contare che ho dichiarato di rivelarli (le sei regole restanti, cioè i sei punti di criticità dell’operazione-Vaccari sui quali lo stesso e il suo staff dovranno lavorare sodo) solo e solo se verrà inoltrata al temporary team leader building che mi onoro di dirigere una specifica e formale richiesta. E’ passato un giorno, ma nulla si è mosso. E’ sciatteria? Masochismo? Superbia? Che voglia davvero perdere la partita o rinunciare anzitempo alla posta in gioco? Credo di no. Per questo mi permetto di insistere nell’elargire spassionatamente piccoli spunti, “consigli non richiesti”.
Perché non si tratta qui di dare sostanza a un’immagine che non c’è, bensì di dare una forma a una sostanza che c’è, arricchendola di uno slancio che sia trainante per i suoi (il Pd) e trascinante per l’elettorato. Una forza della novità che va narrata (parola chiave: narrazione), che va sbucciata e fatta sbocciare nel suo potenziale. Non è promettere ciò che non si ha, ma valorizzare (dare dignità pubblica a) ciò che si è. Come direbbe Nietzsche, Vaccari deve “diventare ciò che si è già”, non inventarsi chissà quale maschera pur di compiacere chissà chi: mai come al giorno d’oggi le carte scoperte sono sempre le carte vincenti, in barba a tutte le dissimulazioni del caso (tattica e strategia sono invece un altro paio di maniche, che affronteremo eventualmente nelle prossime puntate, così come ci dilungheremo nell’esposizione della dualità dialettica attacco/difesa, sia in termini preventivi che reattivi).
Deve, in sintesi, il guidatore di Ferrari, essere più renziano di Renzi: un renziano della terza ora (delle tre la più brillante, inattaccabile, contagiosa). Si sporchi le mani, esprima una visione sua e non per interposta persona o interposto ruolo o interposta investitura (il “delfinismo” è morto con Martelli, e si è visto la fine che ha fatto Alfano). Si liberi della pappa pronta fornita da volenterosi o volontari galoppini e si metta lui, in prima persona, a correre, visto che è pure un podista. Liberi la mente e butti via gli schemi rigidi, le convinzioni superate, le convenzioni d’un linguaggio partitico ormai perdente, gli equilibrismi di facciata e i commerci di bottega. Faccia l’amore con se stesso pur senza peccare di presunzione: ma pensi in grande e vedrà che metterà incinta il consenso, partorendo fiducia e quindi suggestione carismatica spontanea.
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IL COMMENTO-INTEGRAZIONE (IERI, VIA FB) ALLA PRIMA PUNTATA

“Vi ho affettuosamente suggerito di cambiare foto… ma non di metterne una simile (che la toppa sia peggio del buco?). Suvvia, ragazzi: dei tanti “punti di criticità” di detta immagine (ad esempio il taglio, i colori, lo sfondo), ne segnalo uno sostanziale: la manomorta “a penzoloni”, magari pure gelida (“Che gelida manina” – cfr. La Bohème di Puccini), fa molto abbraccio mortale (metafora politica?), e soprattutto fa molto Famiglia Addams… Un piccolo sforzo: si deve fare meglio, basta poco. Potete farcela…”.