(Satirella d’Oltr’Enza)
ENIA E LE MIGLIAIA DI EURO PER PROFILO FACEBOOK DEL SINDACO (Clicca)
(Satirella politico-editoriale con effetti dalla “Cindia” a Botteghe Oscure, dal Tresinaro a New York)
Gocce d’acqua americane. Rampini somiglia sempre più a Furio Colombo: separati dalla nascita?
Il primo cittadino Mammi, dirigente Pd in odore di secondo mandato che non indossa orologi Rolex ai polsi sebbene dimostri di avere ore e ore di tempo da perdere su Facebook (tanto per parafrasare l’ultima fatica libraria dell’inviato a New York di casa De-Benedetti-Tessera-Numero-Uno-Pd, meglio conosciuto come l’unico giornalista dopo Ferrara che alla cintura preferisce le bretelle – sfoggiate orgogliosamente sulla quarta di copertina del volume figo dal titolo guru edito da Mondadori, sì, proprio essa, vale a dire la casa “casamatta” editrice caimana gestita dal Nemico-Pubblico-Numero-Uno-Silvio-Dei-Record, sì, proprio lui: unico caso al mondo di dittatore che stampa e diffonde le lenzuolate radical-chic dei suoi più accaniti oppositori, su tutti gli autori d’un gruppo editoriale concorrente che recentemente è riuscito a scucire al nemico Re Silvio, in un sol botto giudiziario, la bellezza di oltre 560 milioni di euro… così, sull’unghia e sulla fiducia – rito ambrosiano, as usual), ha recitato il seguente salmo responsoriale in apertura della prima edizione provinciale delle Rampiniadi, manifestazione ludico-sportiva (dedicata a un allievo di Monti alla Bocconi, già “iscritto al Partito Comunista Italiano in giovane età” – Wikipedia) svoltasi presso la sala vespri d’un non meglio identificato e comunque stavolta almeno utilizzato Centro Giovani.
Un altro recente volume del pluridecorato soldato Rampini
Centro Giovani Promesse d’un paese il cui Comune, pur di poter dire di disporre di alcune stanze di una Rocca semi-diroccata e in buona parte inservibile di cui l’ente locale non è proprietario, cinque anni fa o giù di lì ha accettato e firmato un contratto - definito da molti un contratto capestro, e comunque tuttora valido e in corso – attraverso il quale l’amministrazione comunale precedente si è accollata e quella attuale si accolla e quelle che verranno si accolleranno una spesa pluri-milionaria della durata di 50 anni, ed è questo, al momento, l’unico futuro certo per le prossime generazioni boiardesche, checché pur generosamente ne dica o profetizzi l’ottimo autore di ben due libri-intervista con lo stesso De Benedetti (nel 1999 e nel 2008) nonché di un libro-intervista con D’Alema (1999) su quella indimenticabile operazione di giustizia divina e pace duratura condotta a colpi di bombardamenti Nato che è stata la guerra in Kosovo ai tempi in cui Baffino era Premier: uno scrittore oggi Ramp-ante (copyright Dagospia) che pubblica almeno due volumi l’anno… cui però dà titoli diversi (battutona à la Spinoza – ndr).
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Qui sotto il saluto del sindaco di Scandiano a Raspini… ehm, pardon, Rampini
Mammi, in versione “Cappellaio Matto”, rivolgendosi al mitico Raspini, pardon, all’inviato Rampini, ha fatto la battutona: “Voi in America avete gli OROLOGI… noi del Pd, invece, in Italia, specie in campagna elettorale, abbiamo alcune inchieste a OROLOGERIA che ci danno una mano non piccola ah ah ah… mi scuso, ma è solo una delle ‘centomila punture di spillo’ che potrei fare hi hi hi”
“A fronte dei pesanti provvedimenti giudiziari nei confronti di Luigi Giuseppe Villani e Angelo Buzzi – rispettivamente vice presidente e presidente del consiglio di amministrazione di Iren, entrambi amministratori e rappresentanti del Comune di Parma, e nominati dall’ex sindaco Pietro Vignali – ritengo sia opportuno un loro passo indietro dalle cariche societarie che ricoprono: questo consentirebbe alla società di conseguire ulteriori possibili danni e a loro di affrontare più liberamente il corso dell’inchiesta.
Questa inchiesta è la prosecuzione della Green Money, una vicenda nella quale Iren si era costituita parte civile e che ha portato al licenziamento di quei dipendenti che furono accusati di corruzione: è auspicabile che – anche nel caso di questa inchiesta denominata Public Money – si mantenesse lo stesso atteggiamento di grande fermezza, finalizzato a tutelare gli interessi della società. Visto l’assetto di Iren a maggioranza pubblica, è necessario un atteggiamento di fermezza e trasparenza per tutelare al meglio i nostri territori e le comunità locali”. (A. M.)
A stretto giro di posta, quindi, il saluto-fotocopia dell’irenista e “irenico” sindaco di Reggio Delrio
“Ferma restando la presunzione di innocenza dovuta agli indagati, credo sarebbe apprezzato da tutti che le persone coinvolte nell’indagine e che ricoprono ruoli apicali in Iren, considerassero di fare un passo indietro, cioè di auto-sospendersi dai rispettivi incarichi in Iren, per consentire di fare chiarezza sulle vicende oggetto di indagine in piena serenità.
Questo non suonerebbe come ammissione di colpevolezza, ma sarebbe un atto di attenzione e opportunità nei confronti del gruppo Iren, che opera attraverso risorse prevalentemente pubbliche, su progetti di interesse e utilità pubblici e la cui posizione si configura come quella di parte lesa nelle vicende oggetto di indagine, che hanno coinvolto Parma. Alla magistratura vanno rispetto e fiducia, con l’auspicio che il lavoro di accertamento possa far luce fino in fondo”. (G. D.)
Per un’informazione affidabile e indipendente, per valutare l’attendibilità di una notizia e/o la buonafede dei giornalisti. Bello, no?
Per la tutela della dignità e la reputazione dei soggetti narrati, infatti, è bene che tutti si sentano coinvolti, cioè che si sentano eroi civili votati (anzi tenuti) a fare le pulci al montante e solitamente incontrollato flusso di comunicazione (politica, giudiziaria, sociale, economica, culturale e via discorrendo) in entrata e in uscita nei e dai mass media o, come li chiamava “Cuore” 20 anni fa, “mass merda”.
Giacché è difficile distinguere tra campi di gigli profumati e cloache urbane all’odor di Calcutta, tra “vangeli” di dettagli a ricamo di resoconti puntuali e senza macchia e discariche più o meno abusive e abusate a cielo aperto fondate su ricostruzioni faziose o imprecise o fuorvianti, tra purezza logica e storica e inquinamento contenutistico ad usum Delphini.
Il doveroso e sempre più irrinunciabile controllo dei fatti e sui fatti (una pratica dai risvolti pedagogico-edificanti, riequilibranti e redistributivi, conosciuta come “fact checking”) è un’attività-strumento-metodo che aiuta a verificare i fatti e i dati e i toni e l’impianto generale riversati in un articolo o in un servizio.
Creando spontaneamente un processo di collaborazione (verifiche, integrazioni, segnalazioni e fonti) tra lettori e giornalisti, a sviluppo esponenziale e integrato, teso a ricavare la migliore qualità possibile da un processo editoriale cucinato con prodotti non sempre di prima scelta (gira molta roba grigliata o riscaldata troppo in fretta da cuochi improvvisati e non sempre super partes) né di prima mano (mancando sovente documenti o confessioni o testimonianze a supporto o anche solo a mo’ di presupposto sui quali poi imbastire una tesi e decidere un taglio, ci si arrangia un tanto al chilo con illazioni o allusioni, elucubrazioni e sensazionalismo) e comunque serviti su piatti di carta o vassoi digitali.
Insomma: una notizia ti sembra scorretta, imprecisa o incompleta? Sai dove trovare dati e fonti che migliorano o correggono una notizia proposta dalla stampa (diffusa su carta, via radio, in tv, via web)?
Chiedi alla comunità dei lettori di verificarla. Chiedi a noi.
Da qui in poi saremo i tuoi fact-checker di fiducia. (c.a.p.)
Una nuova edizione le originali tesi dell’analista Françoise Dolto
Alla fine della mia lettura de I Vangeli alla luce della psicoanalisi di Françoise Dolto, ripubblicato dopo circa trent’anni da una nuova piccola casa editrice milanese et al./edizioni, ho pensato: “ecco un gioiello!”. A suscitare il mio entusiasmo diverse ragioni. La prima è la sua autrice: Françoise Dolto. Amica e allieva di Jacques Lacan, originalissima psicoanalista con una propensione particolare alla cura dei bambini, profondamente interessata ai processi di umanizzazione della vita e agli snodi principali dello sviluppo psicologico del soggetto (infanzia e adolescenza), sino alle angosce e alle responsabilità che investono i genitori, ma anche attenta alle trasformazioni della vita collettiva e ai virtuosismi del desiderio e alla sua declinazione femminile, Dolto non si è mai rifugiata in un linguaggio esoterico o specialistico, ma ha sempre cercato di rendere trasmissibile il proprio pensiero. La sua originalità nel mondo della psicoanalisi è consistita anche dal fatto che non ha mai nascosto la sua fede cristiana e la sua militanza cattolica. Fatto raro per uno psicoanalista che si rifaceva all’insegnamento di Freud, seppur ripreso da Lacan…
Nicole Minetti, ospite della fiera «Tuttosposi» a Napoli, è stata invitata sul palco del «Forum della Famiglia» per un intervento: in quel momento l’assessore alle Pari opportunità e politiche sociali del Comune di Napoli, Pina Tommasielli, si è alzata e ha lasciato il palco. “Non ho nulla su cui discutere con Nicole Minetti – ha detto la Tommasielli -. Non posso accettare il confronto con la Minetti per rispetto alla mia storia, al mio passato e ai cittadini di Napoli”. Fredda la replica della ex consigliera lombarda: «Non m’interessa neanche il motivo per cui si e alzata ed è andata via, dico solo che ci vuole un po’ di educazione nella vita“. (Ansa)
Il pacco è stato scartato e la sorpresona s’è rivelata in tutta la sua imponenza “gerrica”
e metallico splendore. Grandi festeggiamenti, ieri mattina, e tante autorità politiche religiose militari operaie e fancazziste per il varo (il taglio del nastro: presente anche il
n-astro nascente della politica nazionale, alias Delrio) della rotonda artistica adottata
e curata dalla pluridecorata autocarrozzeria della famiglia Capelli (Pieve Modolena).
L’errore dei politici,
su Twitter come alla tv
Record di @ per Di Pietro.
Bersani vicino allo zero
Si è molto discusso in questi ultimi giorni, anche in occasione del recente #Montilive, dell’atteggiamento assunto dai nostri politici nelle loro interazioni in Twitter. In particolare, si è rimarcato come spesso non si tratti di vere e proprie interazioni di tipo dialogico, ma di semplici messaggi, spesso autopromozionali, inviati su Twitter in modo monodirezionale. Ecco un esempio di questa modalità non dialogica:
Giovedì 10 gennaio alle ore 17 su Rai2 partecipo alla tavola rotonda TV per motivare
le mie scelte in vista delle elezioni politiche.
Nessuna traccia della @, il simbolo che in Twitter indica la menzione di un utente specifico, e che molto spesso funge da indizio di una selezione dell’interlocutore: nel tweet seguente, l’autore (Matteo Renzi) ha voluto espressamente menzionare @pbersani e individuarlo come destinatario specifico del suo tweet, che pure – come tutti gli altri – è rivolto al tempo stesso anche a tutti i suoi follower.
Caro @pbersani, siamo entrambi a Milano. Ci prendiamo un caffè insieme e facciamo un appello alla serenità per domani? #Adesso #PB2013
Eppure, Twitter è una delle tecnologie di comunicazione che rappresenta meglio il paradigma dell’interazione, in cui gli utenti condividono flussi dinamici di informazioni, conversazioni in tempo reale e di tipo orizzontale; questo paradigma sta sempre di più sostituendo quello della trasmissione, che prevede invece una comunicazione verticale, monodirezionale, da uno a molti (è il paradigma della televisione, della radio e della stampa, ad esempio). Insomma, dicono i critici, i politici dialogano poco su Twitter, e questo è indizio del fatto che tendono ad applicare al nuovo mezzo le abitudini comunicative dei vecchi mezzi di tipo trasmissivo…
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“Io Sansone, voi filistei”. Abbiamo ricevuto (ieri mattina) e pubblichiamo: ecco l’immagine che documenta il risentito sfogo (rivolto ai capi del suo partito) del consigliere regionale Pagani
Prima legge di Murphy in tema di comunicazione politica, Anno Domini 2013: l’eccesso di trombonismo (moralismo + giustizialismo, sparso a piene mani in prime time) fa trionfare l’indubbio e istrionico fascino caimano, combattiva seduzione senza tempo resistente ai casi della vita, agli urti della legge e ai cambi di governo.
Corollario: c’è sempre un puro più puro che ti epura (chi la fa l’aspetti), laddove l’ironia vegliarda (dialettica fino al gestuale, scenica fino alla gag) è, insieme all’autoironia della gente di mondo, l’arma più forte, e non c’è fossa (o fissa) dei leoni che tenga. Lo stile guascone vince l’ostile da salotto.
I giullari, si sa, denudano i re: il dileggio come sport via Facebook e il disprezzo a mo’ di spot elettorale via Twitter nulla possono dinnanzi al corpo vivo – mitridatizzato corpo estraneo, virile e virale, in un’Italia effettivamente ingovernabile – d’un 76enne “tendenza Vuitton” che tirando fuori le palle ha deciso di vender cara la pelle.
Giù il cappello (a cilindro), signori: stop alle lacrime postume da borsetta radical-chic di coccodrillo, giacché le volpi del TBBBTB (Tutti Buoni Belli Bravi Tranne B.) prima o poi finiscono tutte in pellicceria.
Il Nonno d’Italia per la settima volta c’è, benefattore mecenate filantropo. Dieci e lodo!
L’uomo dei record è qui e lo è ora (l’achimista, l’egoarca, il generoso). L’irreality-show dei numeri primi – la solitudine dell’uno contro tutti – deve continuare per la gioia del pubblico da corrida, adorante o pedante che sia: per l’estetica del tragicomico intesa come situazionismo televisivo, dandismo del beau geste che è categoria dello spirito in quanto eterno ritorno all’eguale (colpo di fulmine, colpo di teatro, colpo sotto la cintola).
E guai a chi lo interrompe, perché “non si interrompe un’emozione” (Fellini), specie in zona Cesarini.
Guai a chi cambia canale, guai a chi dice che “non c’era perché quel giorno lì inseguiva una sua chimera”, guai a chi ha fatto finire anzitempo la Sua quasi ventennale era in cambio di un’inservibile e lagnosa era glaciale.
Il prezzo più alto da pagare, in fondo, in barba alle cassandre, è quello del biglietto.
Quest’anno nato nel segno dell’antipolitica celebra un compleanno speciale della politica. È infatti l’anno in cui vide la luce, cinquecento anni fa, Il Principe, anzi l’unico principe italiano che abbia conquistato il mondo. Dico Il Principe di Niccolò Machiavelli, l’opera politica più grande e più letta nel mondo e negli Usa, amata da Mao Tse Tung, esaltata da Gramsci e Mussolini, che ne curò il preludio (altre due prefazioni scrissero poi Craxi e Berlusconi). Di quel capolavoro e del suo geniale autore si sono scritte le peggiori cose; ma lui descriveva, non prescriveva, la cinica ragion di Stato. Faceva i conti con la natura umana, senza illusioni. Sapeva, come Sant’Agostino, che non si nasce buoni e pii ma egoisti e crudelucci e poi, magari col tempo e l’educazione, si può diventare meno cattivi.
Di quell’opera vorrei ricordare solo un particolare. Fu dedicata al Principe del tempo, un Lorenzo de’ Medici, da non confondersi col Magnifico. E fu donata da Messer Niccolò a lui, insieme con due cani da caccia. Si racconta che il sovrano abbia apprezzato solo i cani da caccia. Oggi li avrebbe messi nella lista bloccata. Dopo cinquecento anni le cose non sono cambiate. I principi non leggono, non capiscono i capolavori e non accettano saggi consigli, preferiscono i cani fedeli e i servili adulatori. L’unica consolazione è che mezzo millennio dopo non ricordiamo nulla di quel principe né dei suoi segugi, ma celebriamo l’opera di Machiavelli. Alla lunga, l’intelligenza vince sul potere e le idee oscurano i latrati. (Marcello Veneziani, Il Giornale)