“Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni circostanza, ma mai in ogni circostanza e in ogni epoca si potrà avere la libertà senza la lotta” Ernesto Che Guevara
La rivoluzione, dicono, non è un pranzo di gala o una cena con hamburger e ketchup da McDonald’s. Si sa, è vero, va così.
La storia è spietata: è spiegata ai posteri dai vincitori, sempre; piegata a uso e abuso e piacimento, spesso.
A parità o gravità di pensieri e azioni, senza entrare nel merito e fermandoci al metodo, i rivoluzionari che ce la fanno diventano prima per la cronaca e poi per la storia eroi nazionali o capi di governo (eccezionali statisti – almeno fino a quando non verranno deposti).
Quelli che non ce la fanno, invece, per fortuna o purtroppo, per la stessa cronaca e la stessa storia diventano nemici pubblici o terroristi (banali stragisti – almeno fino a quando qualcuno tra questi non ribalterà il pronostico).
La storia, insomma, è un abito sartoriale, un alibi su misura: chi vince sbanca, chi perde paga.
E’ uno scontro numerico: una guerra con vincolo di risultato.