Dopo oltre un anno e mezzo di studi e ricerche, è stato finalmente pubblicato da Giuffrè il libro I simboli della discordia, il primo volume che cerca di trattare in modo il più possibile completo la materia dei simboli e dei contrassegni dei partiti, sia nel loro ambito naturale (le elezioni), sia negli innumerevoli scontri extra-elettorali, avvenuti regolarmente dopo scissioni e altri eventi traumatici.
Alla base del libro, le (relativamente poche) norme dettate per i contrassegni nel procedimento elettorale – per il resto, la legge non si occupa né della regolazione dei partiti, né tantomeno della regolazione del simbolo) – e le molte decisioni dei giudici e degli altri organi preposti (a partire dal Ministero dell’Interno).
Un argomento di indagine e, allo stesso tempo, un particolare punto di vista per rileggere la storia dell’Italia.
Il libro è l’occasione per capire cosa dice effettivamente la legge e come i giudici o le varie commissioni elettorali coinvolte hanno dovuto affrontare, di volta in volta, le spaccature che hanno interessato la coppia falce-martello e la fiamma tricolore, la polverizzazione (ai limiti del grottesco) dello scudo crociato in tasselli di dimensioni trascurabili (fino alla recente “rinascita” della Dc), lo spuntare improvviso di nuovi soli nascenti, garofani, rose e foglie d’edera, fino alle stagioni più recenti in cui dominano “Grilli”, “Verdi” e sui manifesti possono convivere Partiti Pirata (sconfessati) e Liste Bunga Bunga.
Ecco, di seguito, la presentazione entusiastica di Filippo Ceccarelli su La Repubblica di una settimana fa.